LICOLA. Non c’è solo l’ombra della faida di Scampìa, nel rogo del cantiere di Licola. I magistrati che indagano sulla morte di Francesco Davini, 65 anni, il custode dell’hangar stroncato da un infarto dopo aver spento le fiamme, stanno ora attentamente valutando anche un’altra ipotesi, che batte la pista del racket flegreo: l’attentato alla barche, sospettano gli inquirenti, sarebbe dovuto essere solo un «avvertimento» ai titolari della ditta di rimessaggio che gestiscono anche un ormeggio estivo sul porticciolo di Baia e che in queste settimane stanno lavorando alla rimozione del cosiddetto «cimitero delle navi». Un appalto da quasi 400mila euro, un’attesa di oltre 12 anni per eliminare i 4 relitti che giacciono arrugginiti tra il castello aragonese e Punta Epitaffio. La pista che battono ora gli investigatori della Dda e quelli della Compagnia dei carabinieri di Pozzuoli è quella di una probabile richiesta di «pizzo» avanzata sui lavori in corso. Un appalto che ha, forse, fatto gola ad un clan locale. Ma i titolari avrebbero negato di aver ricevuto minacce e richieste di tangenti. Dunque anche questa è, al momento, soltanto un’altra ipotesi. Insieme a quella avanzata dagli investigatori di un possibile collegamento con la guerra di camorra tra i Di Lauro e gli scissionisti. Tutta colpa di un presunto legame, mai dimostrato, tra Vincenzo Capuano, padre del titolare del rimessaggio, e Rosario Pariante, boss di Bacoli in carcere dal settembre del 2002 e ritenuto prima vicino al boss Paolo Di Lauro e ora passato al clan nemico. Nel capannone di via delle Colmate, ieri, dinnanzi al piccolo altarino dedicato a Rosario Ferro, capoclan flegreo ucciso il 7 novembre 1988, il lavoro prosegue a rilento. Nessuno, tra i dipendenti, ha voglia di commentare l’episodio della notte prima. «Abbiamo appena montato, non ne sappiamo nulla. I titolari? Non stanno qui, ci dispiace», è la gelida risposta. A casa Davini, in un fabbricato fatiscente in via del Mare, nel borgo di Licola, è ancora giorno di lacrime e rimpianti. «Se papà avesse chiamato prima me, forse sarei riuscito a soccorrerlo e a salvargli la vita», racconta Andrea, primogenito del falegname, da due anni custode delle barche. Ora attendono che l’autopsia venga eseguita al Policlinico per poter poi svolgere i funerali già organizzati nella chiesa di San Massimo, a pochi metri di distanza dall’abitazione dove la famiglia Davini vive da vent’anni.
PINO TAORMINA – IL MATTINO 5 FEBBRAIO 2005
ROGO DI LICOLA, SPUNTA LA PISTA DEL RACKET
L’inchiesta sulla morte del custode dell’hanger
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