L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia insieme con l’Osservatorio Vesuviano hanno presentato ieri, a Napoli,l’esito di uno studio condotto in profondità del vulcano Campi Flegrei. Gli esperti lo hanno definito “super vulcano” e confermano una tesi già annunciata alcuni anni fa: i Campi Flegrei è un vulcano tra i più pericolosi al mondo. Insieme a Yellowstone negli Usa rappresenta uno dei maggiori rischi per l’umanità. Lo studio ha permesso di scoprire che l’ultima eruzione è avvenuta circa 45mila anni fa ed avrebbe avuto conseguenze devastanti.
Lo studio. Attraverso un piccolo tunnel scavato in profondità, a circa 500 metri, si è scoperto che l’area delle bocche del vulcano, la cosiddetta caldera, si estende da Monte di Procida a Posillipo e non comprende tutta Napoli come pensato finora. Attraverso l’indagine i ricercatori hanno potuto capire meglio quale è l meccanismo del bradisismo, che nell’area fa sollevare e abbassare il suolo: «Il fenomeno è causato per il 50% dal magma e al 50% dall’acqua nelle roccia – ha spiegato Giuseppe De Natale, direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – in pratica il magma sale fino a 5-6 chilometri e riscalda l’acqua che fa gonfiare le rocce provocando il sollevamento del suolo».
Devastante. Lo studio ha permesso di avere una sorta di identikit del supervulcano più pericoloso d’Europa e fra i più temuti del mondo esplorato per la prima volta grazie alla perforazione nel sottosuolo. Campi Flegrei è capace di eruzioni molto violente ma per fortuna molto rare. Nel mondo esistono circa dieci vulcani di questo tipo, come per esempio Yellowstone e Long Valley Caldera negli Stati Uniti.
Il progetto denominato ‘Campi Flegrei Deep Drilling Project’, guidato dall’Ingv e finanziato dal Consorzio internazionale per le perforazioni profonde continentali, prevede un primo pozzo pilota di 500 metri già realizzato e un secondo di 3,5 chilometri ancora da realizzare. Nel primo è stato già installato un osservatorio, composto da una serie di sensori che controllano ogni attività del vulcano: dalla temperatura alla sismicità. «In questo modo – ha sottolineato De Natale – teniamo costantemente sotto controllo il vulcano con l’obiettivo di studiarlo e di mitigare il rischio».