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UN NUOVO PENTITO ACCUSA COSIMO DI LAURO
E’ un 35enne di Melito: «Parlo per paura di essere ucciso»

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MELITO. Un nuovo pentito accusa Cosimo Di Lauro. Si chiama Gennaro Russo, ha 35 anni ed è di Melito. È conosciuto con il soprannome di «salatino», ha iniziato a collaborare con la procura di Napoli pochissimi giorni fa, poco dopo aver ottenuto la scarcerazione grazie ai benefici dell’indultino. Ha scelto di parlare per paura di rimanere vittima della faida che sta insanguinando la periferia settentrionale della città. È il terzo collaboratore di giustizia dell’inchiesta. I verbali con le dichiarazioni di Russo sono stati depositati ieri in occasione dell’udienza in programma davanti al Tribunale del Riesame (collegio presieduto da Massimo Galli) fissata per discutere il ricorso presentato dalla difesa del figlio del latitante Paolo Di Lauro. Gli atti fanno riferimento a un interrogatorio del 25 gennaio scorso. Russo tira in causa Cosimo Di Lauro per fatti legati al commercio di sostanze stupefacenti, lo descrive come capo dell’organizzazione e attribuisce al gruppo Di Lauro la paternità di un omicidio, quello di Federico Bizzarro, ucciso il 26 aprile 2004 in un albergo di Qualiano da killer travestiti da poliziotti, delitto fino a oggi sempre ricondotto alla fazione scissionista del clan. Gennaro Russo, pregiudicato per droga, era tornato libero all’inizio dell’anno grazie all’indultino. Una serie di movimenti nei pressi della sua abitazione e il clima di oggettiva tensione che si registra ormai da mesi in tutta l’area nord della città lo hanno indotto a temere seriamente per la propria vita e per quella dei familiari più stretti. Così si è presentato negli uffici della procura di Napoli per collaborare con gli inquirenti. Nell’udienza di ieri mattina il pm Marco Del Gaudio, che indaga sulla faida assieme ai pm Giovanni Corona, Luigi Cannavale, Luigi Frunzio e Simona Di Monte, ha indicato in Cosimo Di Lauro il mandante dell’omicidio di Gelsomina Verde, la ragazza assassinata e bruciata il 22 novembre scorso. «Un delitto di camorra – ha evidenziato il magistrato – e questa è una faida di camorra». Per l’omicidio Verde non risulta alcuna contestazione formale a carico di Di Lauro junior, attualmente detenuto nel carcere di Voghera per il solo reato di associazione camorristica, perché non sono stati trovati riscontri alle dichiarazioni del primo pentito dell’indagine, Pietro Esposito, arrestato proprio per la morte di Gelsomina. Nell’ordinanza firmata dal giudice Umberto Antico e impugnata dalla difesa il trentunenne figlio del latitante viene descritto come «l’attuale capo» dell’organizzazione malavitosa «non solo per eredità paterna ma anche per indiscusse qualità direttive». Il giudice scrive inoltre che «le scelte di morte da lui compiute, dettate talvolta da scopi strategici, talaltra da mera vendetta, vengono comunicate ai suoi uomini i quali le eseguono senza discussioni e con la condivisa consapevolezza della loro utilità». Secondo il giudice gli affiliati al gruppo malavitoso «prestano ascolto» a Cosimo Di Lauro, «lo approvano e lo consolidano alla guida del gruppo, riconoscono in lui carisma e intelligenza ponendolo come ineguagliabile punto di riferimento». Una ricostruzione che la difesa ha energicamente contrastato durante la articolata udienza di ieri mattina. Gli avvocati hanno sostenuto che a carico del trentunenne non vi sono elementi sufficienti a giustificare l’ordinanza di custodia. Quanto al suo presunto coinvolgimento nell’omicidio di Gelsomina Verde, i legali hanno evidenziato che le dichiarazioni del primo pentito dell’inchiesta sulla faida, Pietro Esposito, fanno riferimento in realtà a circostanze apprese non direttamente bensì da terze persone.



DARIO DEL PORTO – IL MATTINO 8 FEBBRAIO 2005

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