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mercoledì, Aprile 24, 2024
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Nei guai l’europarlamentare democratico Nicola Caputo: «Referente dei Casalesi in Regione»

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L’europarlamentare Nicola Caputo è finito nei guai con la giustizia per una vicenda legata al clan dei Casalesi, quando, secondo le indagini, fu eletto al consiglio regionale della Campania con l’appoggio dei fratelli Magliulo, sindaco e funzionario dell’ufficio tecnico di Villa di Briano, anche loro indagati per peculato e associazione camorristica. Un finanziamento regionale per lo svincolo di Villa di Briano della Nola-Villa Literno giunto, stranamente, un mese prima delle elezioni regionali del 28 febbraio 2010. Una cifra pari a un milione e 900.000 euro. L’artefice – secondo i magistrati – fu Nicola Caputo, all’epoca consigliere regionale uscente del Pd, in seguito rieletto per un altro mandato e, in questo momento, europarlamentare.

L’europarlamentare è noto per un suo intervento durante la campagna elettorale di Giugliano, lo scorso 11 giugno (a pochi giorni dal ballottaggio), a favore del candidato di centro sinistra: «Meglio lui che il candidato di Forza Italia – spiegò ai giornali Caputo, aggiungendo – protagonista della peggiore stagione vissuta dalla città». Intanto l’esponente del Partito Democratico, stando a quanto afferma la DDA ricevette l’appoggio elettorale dei fratelli Dionigi e Nicola Magliulo, rispettivamente sindaco e funzionario dell’ufficio tecnico di Villa di Briano, anche loro indagati per peculato e associazione camorristica. Quell’appoggio costò ai Magliulo 100mila euro. L’operazione, secondo i pm, ha confermato come «l’inquinamento della pubblica amministrazione, con particolare riferimento agli enti locali, nel territorio della provincia di Caserta, dovuto al condizionamento mafioso».

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La vicenda Caputo è evidenziata nella richiesta di misura cautelare proposta nei mesi scorsi al gip Vincenzo Alabiso dai pm Antonello Ardituro (oggi al Csm), Catello Maresca, Cesare Sirignano e Francesco Curcio (oggi alla Dna). Nei confronti dell’euro parlamentare i magistrati ipotizzano l’accusa di voto di scambio. Il clan dei Casalesi, nel 2010, doveva far eleggere i suoi uomini, a prescindere dalla casacca che indossavano: e così alla Regione appoggiò Caputo (i pm dicono che «è il referente dei Casalesi in Regione»); alla Provincia appoggiò invece Gabriele Piatto, del Pdl. È un’interpretazione ambientale a mettere gli inquirenti sul chi va là: è il marzo del 2010 e in una Peugeot 307 chiacchierano Benito Lanza e Antonio Cerullo, entrambi accusati di far parte del clan dei casalesi, il primo delegato dal boss Antonio Iovine a tenere i rapporti con la politica. Lanza racconta a Cerullo quello che gli ha riferito Dionigi Magliulo: «Io sto lavorando da quattro anni, ora per la campagna elettorale per la Regione il ci ho rimesso altri 100.000 euro». Un investimento: «Ora stiamo andando a Vico e ci andiamo una volta, ci andiamo un’altra volta, un mese, due mesi, tre mesi, un anno, due anni, per vedere di realizzare una cosa. Per fare politica, però nello stesso tempo per fare pure soldi, no?». Lanza cita la promessa di Caputo a Magliulo: «Prima delle elezioni ti faccio il finanziamento». E argomenta: «Prima delle elezioni questo mantiene la parola è manda i denari. Tu che fai? Ti schieri come un cane in faccia a quello».

In quel 2010, dunque, i casalesi portarono avanti un candidato del Pdl alla Provincia di Caserta, e uno del Pd alla Regione. La stranezza fu evidente a tutti. In auto con Lanza stavolta c’è Benito Cioffo, che si confonde. «De Luca? Ah! Caputo! De Luca!». Il riferimento è alla lista per le Regionali, guidata nel 2010 da Vincenzo De Luca. Cioffo pensa che l’uno sia candidato alla Regione, l’altro alla Provincia. Lanza ribadisce: «Devi scrivere Caputo»: è l’unica cosa che interessi al clan. Alla Provincia, il candidato da sostenere è Gabriele Piatti, che sta con Mimì Zinzi, Pdl. Cioffo non se lo spiega: «Quelli sono di sinistra». Lanza chiarisce: «No, quelli sono di destra, di sinistra e di mezzo». Una stranezza, parrebbe. Ma Lanza chiarisce ancora: «Poi quello gestisce tre-quattromila voti. Ora dice: noi duemila li diamo a quello, mille ad un altro e mille ad un altro». (fonte: www.corrierequotidiano.it)

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