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Mons. Spinillo scrive al governatore De Luca: «Terra dei Fuochi, situazione eccezionale che richiede impegno eccezionale»

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Il vescovo di Aversa, Mons. Angelo Spinillo ha scritto una lettera indirizzata al Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, per spronare la nuova amministrazione ad una maggiore attenzione sulla “Questione Ambientale”. Spinillo è anche vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana e molti territori inclusi nella famigerata “Terra dei fuochi” rientrano nei confini della sua Diocesi. Il vescovo rivolge un appello anche sulla questione dell’ospedale psichiatrico ‘Santa Maria Maddalena’, al centro di polemiche e di fatti di cronaca.
Di seguito vi proponiamo il testo integrale della missiva.

Onorevole Signor Presidente,

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essendosi ormai insediati nelle proprie funzioni gli organi regionali, con sincero spirito di
vicinanza, rivolgiamo a Lei, alla Giunta e all’intero Consiglio l’augurio di poter pienamente
corrispondere alla fiducia ricevuta dai cittadini campani. Sull’onda delle speranze suscitate
dalla prossima apertura dell’Anno Santo della Misericordia (8 dicembre p.v.) e dalla recente
pubblicazione dell’enciclica “ Laudato sì “, intendiamo rinvigorire i rapporti con le istituzioni,
soprattutto con quelle regionali, per le quali si annuncia l’avvio di un significativo processo di
rinnovamento. Molti dei problemi, che stanno cagionando ansie e sofferenze alla nostra gente,
infatti, fanno capo proprio a competenze regionali.

La comunità, di cui esercitiamo la responsabilità pastorale, è quella che vive nel territorio di
quasi tutte le “ecoballe” e di discariche di terribile impatto; di buona parte dei Regi Lagni e di
un tratto della costa domitia. E’ anche quella che vive in periferie urbane, in cui una
condizione di profondo malessere spesso si esprime in forme lesive delle altrui libertà. E’,
infine, quella che accoglie da decenni migliaia d’immigrati bisognosi di tutto. È un territorio
fortemente segnato dal ruolo dominante, nel tempo, di interessi affaristici e criminali: i primi
anche nazionali; i secondi prevalentemente locali.

Ma questa comunità sta dimostrando di voler costruire un futuro di dignità civile, tanto più
decisamente, dove più si è localizzato, per decenni, il baricentro di quel dominio.

Luci di speranza si sono accese nella nostra terra. La Chiesa ha sempre incoraggiato, e oggi
accompagna, questa liberazione di energie soprattutto giovanili. Ovunque, essa cerca di
rendere testimonianza dell’infinito amore di Dio per ogni sua creatura, tanto più se in
condizione di bisogno. Questo momento di particolare grazia ed intensità vogliamo oggi che si
traduca in una presenza rinnovata e rafforzata tra i bambini e i giovani, tra le donne e gli
uomini della nostra terra.

Nutriamo la speranza che l’azione delle istituzioni possa guardare con interesse a questa
testimonianza, che si realizzerà non nella forma di generici appelli, ma di fattivi contributi alla
lettura di bisogni, intercettati attraverso la capillare rete di comunità, di cui la Chiesa
territorialmente si sostanzia.

Attenzione preferenziale ai bambini, sopra ogni altra cosa. Intorno alla cura amorevole per
la loro sicurezza e per il loro benessere, si possono rigenerare vincoli di comunità spesso
sfilacciati o apparentemente dissolti.

I bambini costituiscono il primo dei beni comuni.

Ogni comunità va aiutata a vivere, con stile proprio, questa fondamentale verità. La cura
dell’infanzia non può essere subordinata ad alcun interesse, né penalizzata da inefficienze
pubbliche. Ma, soprattutto, non può perdersi nella confusione, a tratti, imperante.

Solo in una cultura e nella pratica amministrativa della prevenzione primaria, le vite più
esposte alle minacce ambientali, potranno trovare quelle garanzie oggi tanto incerte e
problematiche. In questi ultimi anni, i bisogni primari si sono approfonditi ed estesi.

Forse, in seno a comunità davvero solidali, sostenute da adeguate politiche pubbliche, si potrà
cominciare ad aggredire seriamente e finalmente lo scandalo delle povertà infantili.

Vicinanza e sostegno ai giovani. Possiamo rassegnarci a veder scorrere oggi, nella parte
ricca del mondo, “generazioni perdute”? Questa espressione fu riferita in passato a quelle
inghiottite dalla tragedia di due guerre mondiali in poco più di vent’anni. Oggi la si sente usare
con disinvoltura, quasi si trattasse di un male piovuto dal cielo. Uno sguardo di verità, invece,
facilmente evidenzia il cumulo di egoismi, a cui le giovani generazioni sono state e sono
ancora sacrificate.

I giovani si sentono chiamati alla vita, vogliono cose normali: un lavoro dignitoso e duraturo,
una nuova famiglia. Impegno primario per noi sarà quello di trovare con loro le vie, perché
ogni giovane vita possa aprirsi al futuro con ritrovata fiducia.

Nei territori si può fare molto, ma solo nel quadro di un’appassionata azione del governo
regionale, sostenuta da una strategia coraggiosa e lungimirante.

Grazie a Dio, comunque, i giovani non stanno fermi; sempre più numerosi sono quelli
impegnati a vivere e a diffondere una nuova cultura di valorizzazione dei beni comuni e di
cittadinanza partecipe. Anche in questo campo, la Chiesa è impegnata a sostenere ogni sforzo
comunitario e a favorire sinergie intergenerazionali.

Naturalmente, il primo bene comune da rigenerare è l’ambiente. Su questo, i vescovi
campani, negli ultimi anni, hanno ripetutamente richiamato l’attenzione delle istituzioni. Poi il
27 settembre 2014, proprio da Aversa, hanno proposto a tutti i cittadini campani di assumere
un orizzonte comune, quello di “Ricostruire la città”, la “civitas”, le forme e le pratiche della
convivenza civile.

Come il Santo Padre oggi ci indica nell’enciclica “ Laudato si’ ”, i rapporti con l’ambiente, sono
solo l’altra faccia dei rapporti sociali. L’impegno di rigenerazione deve riguardare, quindi, a un
tempo, le regole della convivenza, il funzionamento delle istituzioni, quello dell’economia.
Ecco perché, per un profondo risanamento ambientale, occorre una vera riscossa civile,
politica, culturale. Oggi, nel disordine ancora imperante, scarti materiali e scarti umani
tristemente si confondono.

Le istituzioni regionali sono chiamate a responsabilità, innanzitutto attuando le norme
migliorative già varate. Significativo il caso della L.R. n.20/2013 per la “Prevenzione e la lotta al
fenomeno dell’abbandono e dei roghi di rifiuti”, varata ormai da oltre un anno e mezzo e quasi
totalmente inapplicata, anche per l’approvazione, a volte, di protocolli tecnici che ne
compromettono l’efficacia, come nel caso dei prodotti in cemento-amianto (art.7).

Certo, l’eredità degli ultimi decenni è pesantissima, forse, è ancora da imboccare la via della
rottura irreversibile con questo passato. E intanto, vecchi modi di affrontare i problemi
ambientali, mantengono ancora in gioco, nella società e nelle stesse istituzioni, tanti
protagonisti del disastro. Un’accresciuta coscienza civile dei cittadini, questo non lo accetta
più. Ma, intanto, queste malefiche presenze frenano le spinte al rinnovamento della politica,
che pure cominciano a fare capolino.

Così i giovani continuano a tenersi ai margini, guardando con diffidenza alla prospettiva di un
loro impegno politico diretto. Essi avvertono che una radicale soluzione di continuità potrà
maturare solo con nuove forme di economia ambientale e di democrazia locale
(partecipazione diretta dei cittadini alle decisioni e alle necessarie azioni di monitoraggio e
controllo). A noi sembra che sia possibile, fin d’ora, aprire spazi a nuove forme di economia
almeno su alcune fondamentali questioni in agenda: ecoballe, bonifiche, gestione dell’igiene
urbana, gestione dei servizi idrici.

Ci tranquillizza sapere che, per il governo regionale, è definitivamente archiviata l’idea di un
inceneritore a Giugliano per lo smaltimento delle ecoballe, in linea con la strategia globale di
crescente riduzione delle emissioni di Co2. E siamo anche incoraggiati dall’esistenza di
progetti, che propongono soluzioni, senza ricorso alla combustione, attuabili con vantaggi nei
costi e nei tempi, in una logica di economia circolare non più appannaggio del malaffare. Si
tratta di soluzioni, che prevedono lavoro per molti e non profitti -per di più assistiti- per
pochi.

La Campania, così come ha fatto aprire gli occhi all’Italia intera su un’economia deviata di
dimensioni nazionali e internazionali, oggi può indicare strade nuove, molto vicine a quanto
auspicato nell’ultima enciclica di papa Francesco. Ma è certamente prevedibile che bisognerà
attraversare un tempo in cui i colpi di coda di posizioni di rendita criminale, messe davvero e
finalmente in discussione, si faranno sentire. Alcune ipotesi investigative circa i roghi di
queste ultime settimane, a quanto ci par di capire, già vanno in questa direzione. In questa
fase, un sostegno popolare ampio e consapevole potrà essere determinante, almeno quanto
un’incalzante azione investigativa e repressiva.

Confidiamo anche che una rinnovata azione del governo regionale possa finalmente avviare a
soluzione il disastro dei Regi Lagni, maturato in lunghi decenni (a partire dalla loro
cementificazione), disastro che insidia la salute delle popolazioni e blocca lo sviluppo turistico
della costa. Centinaia di milioni sono stati recentemente messi a bando per la
rifunzionalizzazione dei depuratori. Ma, solo pochi anni fa, più di 200 milioni erano già stati
investiti con analoghe finalità; questione finita nelle aule dei tribunali (caso Hydrogest) con
esito infausto per il bene pubblico.

Occorre una nuova alleanza con la terra. Una primavera per i nostri eccellenti prodotti
agricoli è a portata di mano. Bisogna, però, uscire definitivamente dalle dispute un po’
speciose tra “allarmismo” e “negazionismo”. Forse, proprio mediante un confronto franco e
diretto tra produttori e consumatori, occhi negli occhi, sarà possibile voltare pagina:
eccellenza e sicurezza dei prodotti sono valori che possono potenziarsi l’un l’altro, purché si
condivida il valore primario della verità, almeno quando si tratta della salute di tutti.
Le vocazioni dei territori, interpretate progettualmente con spirito di cooperazione,
costituiscono la strada maestra per costruire un’economia nuova, inclusiva, che cammini sulle
gambe dei giovani. In questo quadro s’iscrive, nell’area aversana, una situazione di grande
portata concreta, nonché simbolica. Si tratta del complesso della Maddalena, sede del
dismesso Ospedale Psichiatrico e, quindi, di proprietà dell’ASL CE. Un “bene comune” di
enormi potenzialità, particolarmente propizio per iniziative di lavoro giovanile, che già da
alcuni anni si sono affacciate, in particolare con un’esperienza di cooperazione di grande
originalità ed efficacia.

Ma una vera prospettiva vincente è tracciabile solo grazie a una chiara e lungimirante volontà
politica, che potrebbe aprire la strada a un’esperienza esemplare di rivalutazione economica e
sociale di un bene, davvero in grado di fare la differenza per lo sviluppo locale.
Un’attenzione da parte del governo regionale, sia in riferimento alle problematiche generali
sia allo specifico della Maddalena, costituirebbe un fatto di grande rilevanza a sostegno delle
speranze diffuse e da noi condivise, anche in vista del prossimo appuntamento di sintesi del
percorso compiuto dalla Chiesa campana -ancora sul tema “Ricostruire la città”- che
vivremo il prossimo 26 settembre ad Acerra, esattamente a un anno da quello di Aversa.
Rinnovando il nostro fraterno augurio di buon lavoro, porgiamo cordiali e rispettosi saluti.

Aversa, 20 luglio 2015

Con i Direttori degli Uffici della Curia diocesana di Aversa

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