Dobbiamo impegnarci ancora molto per riuscire a determinare un reale cambiamento nel modo d’interpretare la figura femminile, affinché venga riconosciuto il giusto “peso” a tutte le forme di violenza che ogni giorno la donna è costretta a subire.
Non è più tollerabile che le speranze di giustizia di chi subisce violenza siano puntualmente disattese da chi quella giustizia dovrebbe garantirla per mandato istituzionale (a vario titolo) o da chi quantomeno, potrebbe e dovrebbe condannarla al di là di qualsiasi umana pietà. Perché non debba più vincere il concetto che la violenza sessuale sia un reato di serie B. Ma nulla cambierà in Italia, finché autorevoli esponenti “della Chiesa” continueranno a non mostrare sensibilità verso la donna che subisce violenza ma, anzi, senza averlo provato sulla loro pelle e, dall’alto della loro posizione, si permettono di stilare classifiche sulla gravità di determinate azioni condannando, a mezzo scomunica, la famiglia che ha scelto di far abortire la propria bambina di 9 anni rimasta incinta dopo una violenza. Per dovere di cronaca va precisato che, casomai fosse servito alle coscienze degli stupratori, per loro non è stata emanata nessuna scomunica.
Purtroppo a queste oscure figure da Medioevo si affiancano quelle di Giudici che gli fanno spietata concorrenza. La sentenza del processo contro lo stupro di gruppo subito dalla “ragazza della Fortezza” di Firenze, ne è un vergognoso esempio che resterà nella storia della magistratura italiana come una pericolosa macchia. Infatti le motivazioni della sentenza di assoluzione degli stupratori, oltre ad essere inaccettabili per la sommaria superficialità, brutalità e arretratezza con cui la ragazza è stata “giudicata”, sono quanto mai pericolose in quanto creano il precedente che, se si tratta di una ragazza che ha, per così dire, una certa “libertà di costume” e quindi usarle violenza non è reato. Poco importa se questa libertà di costumi era un modo per dimostrare la propria diversità, la propria originalità e non certo un invito ad essere stuprata!
Quella sentenza non ha ferito solo la ragazza di Firenze ma tutte le donne nel mondo che, ogni giorno, a fatica, cercano il rispetto da quegli uomini che, fin dai tempi remoti, hanno tentato di convincerci che non è un nostro diritto averlo. Ebbene noi di Frida Kahlo vogliamo ribadire che non ci arrenderemo, che non ci piegheremo, che non basta una sentenza ingiusta (una delle tante) ad abbatterci, anzi le ingiustizie che continuamente le donne subiscono sono un motivo in più per continuare a lottare con loro per affermare i nostri diritti di uguaglianza, oggi sbandierati sulla carta ma sviliti nella sostanza, con sempre maggiore determinazione nel credere che un mondo “più libero” sia possibile e non sia solo un’ utopia.


