domenica, Luglio 20, 2025
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Coniugi di Melito uccisi a Giugliano, parte il processo. Scontro sul web

Un processo che si prevede ricco di colpi di scena e di polemiche. Lunedì la prima udienza in corte d’Appello per l’atroce duplice omicidio di Luigi Simeone e Assunta Assisi, marito e moglie di Melito uccisi nell’aprile dello scorso anno i cui corpi furono gettati in una cava. Per questo delitto l’unico imputato è il 28enne Antonio Riano di Pianura. Lunedì mattina, alle nove, in aula saranno ascoltati gli agenti della Scientifica del Commissariato di Giugliano. Gli uomini diretti dal primo dirigente Pasquale Trocino, infatti, riuscirono a trovare delle tracce ematiche e delle impronte digitali all’interno dell’auto delle vittime, una Fiat Multipla adibita a taxi. La coppia fu ritrovata nel tardo pomeriggio del 19 aprile dello scorso anno.

L’allarme fu lanciato da una prostituta che vide il taxi parcheggiato sul ciglio di cava Masseria Monticelli nei pressi di via Ripuaria. Ad insospettire la donna le tracce di sangue sui sedili della Fiat Multipla che era chiusa e i bossoli nei pressi della vettura. Poi la telefonata al 113 e l’arrivo della polizia sul posto. Gli agenti videro che nella scarpata, a circa trenta metri di profondità, c’era un corpo. I vigili del fuoco si calarono nell’invaso e fecero al duplice macabra scoperta: sul costone di roccia i corpi senza vita della coppia di coniugi. Tre giorni dopo fu arrestato Antonio Riano, il imputato per il duplice omicidio della coppia di Melito. Il ventisettenne fioraio di Pianura fu incastrato da un’impronta: il dito indice e il palmo della mano intrisi di sangue, compatibile in più punti (17 per l’esattezza), lasciati sulla portiera anteriore destra.

Nella Fiat Multipla, poi, ai piedi del lato guida diversi fogli di giornali sporchi di sangue: come se chi avesse commesso il delitto si fosse poi ripulito. E poi, la scoperta di altre tracce ematiche nel bagagliaio del taxi. Prove che non permisero all’avvocato dell’uomo di ottenere la scarcerazione. Tanti tasselli di un complicato puzzle dove mancano, forse, i pezzi principali: come quello di chi ha materialmente premuto il grilletto della 7.65, arma mai ritrovata. Alla base del delitto, il movente legato alla compravendita dell’appartamento di via Colonne a Melito. Questa sarebbe la causa scatenante del duplice omicidio. Nel decreto di fermo ci sono le dichiarazioni del notaio che smentisce categoricamente la veridicità dell’atto: è un documento con un numero di protocollo risalente ad oltre un decennio fa, periodo in cui la coppia uccisa acquisto per la prima volta l’appartamento. Ma gli inquirenti del Commissariato di polizia di Giugliano avevano sin da subito scandagliato la zona del delitto e controllato accuratamente l’appartamento delle vittime.

Nulla fu tralasciato. Nel laghetto della cava di Masseria Monticelli fu cercata l’arma utilizzata nel delitto, mentre nell’appartamento furono sottoposti a sequestro documenti e altre impronte. Di certo, chi ha ucciso non era da solo: con lui c’erano almeno altre due persone. Intanto, sui social, sono nati’ due gruppi a favore della coppia uccisa e anche dell’imputato. Due petizioni via web su Facebook: una che chiede il carcere a vita per Riano e l’altro, invece, che chiede l’innocenza dell’uomo. In campo i familiari e gli amici della coppia uccisa e del fioraio di Pianura. E in tutto questo non mancano le frizioni e le accuse: c’è chi è certo che lunedì mattina saranno in tanti a prendere parte al processo di un giallo risolto solo in parte.

di Mariano Fellico, il Mattino