Il potere era l’unica cosa che le interessava. Un potere da ostentare non tanto all’esterno, ma anche nelle mura di casa. A dimostrarlo l’abitazione sfarzosa che si era costruita, dove ospitava anche summit di camorra. Rosaria Pagano, arrestata ieri, è una donna boss di altri tempi, che rimanda alla figura cinematografica di Scianel, la donna camorrista protagonista nella fiction Gomorra. Non solo per i metodi, ma anche per l’aspetto. Entrambe bionde, entrambe determinate e col pugno duro. Una scalata ai vertici del clan iniziata dopo la morte, per cause naturali, del marito Pietro Amato avvenuta nel 2013.
Nel giro di breve tempo Zia Rosaria, così come era chiamata da tutti, è passata dal
ruolo di porta “pizzini” al figlio Carmine in carcere, a quello di manager del narcotraffico. Nella casa di Rosaria Pagano sono stati trovati beni di altissimo valore come oro, televisore al plasma e una palestra.Il clan Amato-Pagano, costituito in origine dagli “scissionisti” del clan Di Lauro, non controlla più in regime di monopolio nell’area nord di Napoli il traffico di cocaina, ma agisce in concorrenza con un altro gruppo criminale, le “Cinque famiglie di Secondigliano”, che utilizzano canali alternativi di approvvigionamento della droga creati dal pregiudicato Mario Avolio, 51 anni, ex esponente di spicco degli”scissionisti”. Questo hanno accertato le indagini della Squadra Mobile di Napoli, che stamattina ha eseguito 17 arresti (14 in carcere, 3 ai domiciliari) nei confronti di altrettanti sospetti affiliati alle due organizzazioni camorristiche.
Sotto la guida di Rosaria Pagano, 52 anni, moglie di Pietro Amato, fratello del defunto boss degli “scissionisti” Raffaele Amato, e madre di Carmine Amato, già indagato in diversi processi di camorra, il clan Amato-Pagano, tuttavia è riuscito a mantenere quote importanti nello spaccio di droga nella periferia nord di Napoli, e tendeva a riaffermare la propria supremazia. Le indagini della Squadra Mobile di Napoli, coordinate dalla DDA, che si sono avvalse delle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno anche individuato beni ed attività economiche nei quali sono stati investiti dal clan i profitti del traffico di droga. La DDA ha chiesto il sequestro preventivo di quote societarie, conti correnti, depositi bancari e beni immobili riconducibili a referenti delle due organizzazioni criminali.