I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata hanno dato oggi esecuzione, a Torre Annunziata, Torre del Greco e Monfalcone (GO), ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di otto indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illecito di armi, tutti aggravati dalle finalità mafiose.
L’indagine, avviata nel febbraio 2015 a seguito del tentato omicidio di Leo Giuseppe, ha documentato la persistente operatività del clan camorristico “Gionta” (radicato a Torre Annunziata e comuni limitrofi), dedito ad una pluralità di attività delittuose e forte di una vasta rete di affiliati. E’ stata ricostruita la dinamica dell’agguato a Leo Giuseppe, verso il quale vennero esplosi diversi colpi d’arma da fuoco, uno dei quali lo colpì alla testa, ed è stato individuato movente ed esecutore dell’azione delittuosa: la morte del Leo era stata ordinata dai vertici del clan, che avevano inviato un gruppo di fuoco composto da due killer a bordo di una moto e armati di pistola, a compiere un agguato eclatante, in quanto maturato in un’area di servizio in pieno centro urbano a Torre Annunziata. La morte del Leo, colpevole di essersi ribellato al pagamento di una tangente richiesta quale regalo di Natale per i carcerati, doveva rappresentare un monito, per tutti, a non disobbedire al clan rifiutandosi di pagare l’estorsione.
L’attività investigativa ha inoltre documentato l’ascesa criminale di Izzo Pietro (c1.76), desideroso di scalare i vertici del clan Gionta, individuato quale capo del gruppo camorristico riconducibile a quel clan, esecutore materiale dell’azione omicidiaria sopra descritta, ed investito del ruolo di referente del giro delle estorsioni per conto del sodalizio a Torre Annunziata. Imponeva il pagamento, il regalo per i carcerati, mediante la forza di intimidazione che incute un clan storicamente temuto dalla popolazione.
Ad aggravare l’associazione, il carattere armato della stessa, con ampia disponibilità di armi. Agli indagati viene riconosciuto l’uso spregiudicato di armi da fuoco nei confronti dei nemici o di coloro che non volevano pagare le estorsioni, come dimostrato nei casi sopra descritti.