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giovedì, Marzo 28, 2024
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FAIDA DI QUALIANO. «Pentiti non attendibili», così il boss Paride De Rosa ha evitato l’ergastolo

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Fece scalpore la sentenza con cui lo scorso settembre la Corte di Assise di Appello di Napoli assolse esponenti di spicco della camorra qualianese che diede vita, tra il 2006 ed il 2008, alla faida tra il clan D’Alterio/Pianese ed i De Rosa.
A scatenare la faida vi fu l’omicidio di Nicola Pianese detto ‘o mussuto, capo dell’omonimo clan. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, De Rosa Paride decretò la morte di Russo Pasquale, detto ‘o cartunaro e di Alderio Armando, detto ‘o scarpariello, colpevoli di aver ucciso Pianese Nicola, a cui era particolarmente legato. Mentre gli uomini coagulatisi intorno a D’Alterio Raffaela, la vedova di Pianese Nicola, detta ‘ a muciona, eliminarono Starace Carmine e Sarappa Antonio, rei di aver eseguito gli omicidi di Russo e di Alderio.
In primo grado, il processo si era concluso con la condanna all’ergastolo per gli imputati, emessa all’esito di una lunghissima istruttoria dibattimentale svoltasi innanzi alla Corte di Assise di Napoli – sezione IV-, presieduta dal dott. Pentagallo, caratterizzata anche da forti scontri dialettici tra la difesa di De Rosa Paride, da un lato, e la Direzione distrettuale antimafia ed il collegio giudicante, dall’altro. All’udienza del 6 luglio Mallardo Luigi, difeso dagli avvocati Saverio Senese e Pasquale Pianese, aveva confessato la sua partecipazione all’omicidio di Sarappa Antonio, mentre si era proclamato innocente rispetto all’omicidio di Starace Carmine.

La sentenza di Appello ha avuto risvolti clamorosi. Paride De Rosa (difeso dall’avvocato Dario Vannetiello) fu stato assolto da entrambi gli omicidi. Dunque l’ergastolo fu stato cancellato. Assolto anche Giacomelli Massimo (difeso dall’avvocato Beatrice Salegna).
A Luigi Mallardo è stata ridotta invece ridotta la pena dell’ergastolo in trenta anni di reclusione. Confermate le altre richieste di condanna a carico dei due pentiti: Bruno D’Alterio ha incassato 29 e mesi 10 per mentre Guadagno Vito ha incassato 15 anni e 10 mesi.

Sono state depositate le motivazioni che hanno portato a quella clamorosa sentenza di Appello, che ha portato all’assoluzione dei rais di Qualiano nonostante le
le dichiarazioni accusatorie di numerosi pentiti: Pianese Ciro, D’Alterio Bruno, Guadagno Vito, Chianese Giovanni, D’Alterio Michele, Solmonte Rosario, Cappiello Ciro, D’Arbitrio Salvatore, Di Mare Vincenzo.

I giudici hanno ritenuto fondati i motivi di appello proposti dal collegio difensivo, soprattutto riguardo l’attendibilità dei pentiti. In particolare – scrivono i giudici – sebbene Ciro Pianese e Michele d’Alterio indichino De Rosa come organizzatore del gruppo rivale a quello di D’Alterio, ed in particolare come ideatore dell’omicidio Russo, non hanno mai indicato Ciro Pianese come uno dei componenti del gruppo De Rosa. “Malgrado Michele d’Alterio abbia riferito di aver appreso da suo cognato Antonio Sarappa il nome delle persone che avevano partecipato all’omicidio, non ha mai indicato Ciro Pianese come uno dei soggetti coinvolti nell’omicidio. Anzi, riferendo de relato, ha dimostrato di non sapere neppure del ruolo di ‘specchiettista’ che invece Di Marino avrebbe svolto in occasione dell’agguato entrando in contrasto con le dichiarazioni di Pianese”. Inoltre – secondo i giudici – “il contenuto delle deposizioni riguardanti l’esecuzione materiale dell’omicidio “non può essere annoverato tra le fonti dirette”.
Dunque riguardo ai racconti di D’Alterio Michele per il collegio giudicante “non ci sono elementi che confermino la credibilità intrinseca del soggetto ed il contenuto delle sue dichiarazioni, dunque non è dimostrata l’affidibilità probatoria sua e di Pianese, e con essa la riscontrabilità dei rispettivi racconti sul ruolo avuto da De Rosa nell’ideazione e dell’organizzazione dell’omicidio”. Anche le dichiarazioni di Rosario Solmonte, Giovanni Chianese e Salvatore d’Arbitrio sono rese ‘de relato’ da altre fonti informative la cui valenza probatoria è del tutto assente.

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