«Appicciate o’ bar con tutto il proprietario», aveva ordinato Salvatore Cantiello alla squadra addetta alle rappresaglie. Punitelo, aveva detto, perché nel bar ha messo le macchinette per i videopoker gestite da Bidognetti, e così ha oltraggiato il gruppo di Schiavone. Cantiello aveva ordinato la rappresaglia, l’incendio del Tropical – locale molto frequentato, dalle parti di Ischitella – e la punizione del proprietario, Salvatore Brancaccio. Ma quella notte il commando si fece prendere la mano.
Arrivarono in quattro, pistola in pugno e taniche di benzina in mano. Salvatore Brancaccio era alla cassa, il fratello Mario dietro il banco assieme al barman Francesco Salvo; ai tavolini, quattro clienti che avevano tirato fin dopo mezzanotte. Uno stordì il cassiere con il calcio della pistola e prese i guadagni della serata, 700 mila lire. L’altro cosparse di benzina il pavimento e ne lanciò a fiotti contro Mario Brancaccio, Francesco Salvo, gli avventori che, per qualche attimo, sperarono che fosse un modo per coprirsi le spalle, per spaventarli e ritardare l’allarme. Invece i quattro appiccarono il fuoco. Le fiamme corsero rapide dal pavimento al bancone, avvolsero Francesco Salvo, lambirono Mario Brancaccio e due clienti (Andrea Fusco, commerciante di auto di Casandrino, e Antonio Di Spirito, di Sant’Antimo), s’infilarono lungo le scale della palazzina e invasero anche l’appartamento di Brancaccio, dove stavano dormendo la moglie e i due bambini. Che si salvarono grazie alla scala di corda lanciata dai vicini. I quattro componenti del commando sparirono nel nulla, infilandosi nelle stradine della Domiziana che portano nell’entroterra, a Villa Literno e Casal di Principe.
Era la notte tra il 19 e il 20 marzo del 1999. Dieci giorni dopo Francesco Salvo, che aveva 38 anni, moglie e due figli piccoli, pendolare tra la sua casa di Marano e il bar di Castelvolturno, morì in ospedale.
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