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martedì, Aprile 23, 2024
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«Quelle come te devono fare la tua fine». L’insulto su Fb a Tiziana Cantone è costato caro ad una persona

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«La libertà di parola negli Stati Uniti gode di un regime privilegiato e nessuno è perseguibile per l’esercizio di tale funzione». Punto e a capo. È questa, in sintesi, la risposta di Facebook fornita alla Polizia postale italiana. La delega d’indagine finita nelle mani della Polizia postale riguardava un fascicolo aperto su richiesta dei familiari di Tiziana Cantone, la trentunenne di Mugnano morta suicida a settembre per la diffusione in rete di immagini hot.

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La polizia, a dicembre, aveva chiesto alla società di Mark Zuckerberg di fornire l’indirizzo identificativo di Antonio Leaf Foglia, trombonista di Giffoni Valle Piana che il giorno della morte di Tiziana aveva scritto sulla sua bacheca social: «Quelle come te devono fare la tua fine». Ne era nata una disputa sui social network con la presa di posizione della blogger Selvaggia Lucarelli che metteva alla gogna il musicista fotografando il post di Foglia.
Alla fine, la mamma della povera Tiziana, Maria Teresa Giglio, aveva deciso di querelare il musicista per diffamazione. Un modo per restituire dignità a sua figlia morta, insultata e offesa anche dopo la sua scomparsa.

Ieri, la notizia della richiesta di archiviazione del caso da parte del pubblico ministero della Procura di Salerno, Giovanni Paternoster. Il trombonista autore della frase incriminata potrebbe uscire indenne da questa storia. Incredibilmente. In sostanza, la giustizia italiana si è fermata di fronte al «no» dell’azienda di Zuckerberg e non è andata oltre. Non sarebbero stati convocati in Procura gli «amici» virtuali che avevano commentato il «post» di Antonio Leaf Foglia in maniera critica. Non sarebbe comparso in Procura nemmeno il presidente dell’Orchestra sinfonica di Salerno che, in seguito alle offese a Tiziana Cantone da parte del musicista – che aveva anche chiesto scusa in una pubblicazione successiva – aveva ufficialmente dichiarato di aver «allontanato» dal complesso Antonio Foglia.

Inoltre, si legge nella richiesta di archiviazione «la pagina Facebook, dopo lo scandalo, era stata chiusa» e, quindi, non si poteva più risalire alla persona che dalla tastiera aveva scritto il post offensivo. Ora, però, entrano in gioco gli avvocati difensori della madre di Tiziana, Andrea Orefice e Giuseppe Marazzita che hanno già annunciato: «Presenteremo opposizione alla richiesta del pubblico ministero di Salerno». «Non posso crederci», dice Maria Teresa Giglio. Lei, che non ha potuto strappare la figlia dal suicidio, ora si vede chiudere le porte in faccia dalla giustizia. Ma per Maria Teresa Giglio non è finita qui.

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