domenica, Luglio 20, 2025
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Litigano sul bottino: un malvivente per vendetta stupra la figlia del complice del furto

Quasi sessant’anni fa una trasfusione di sangue, quand’era ricoverato in pediatria all’ospedale di Pordenone, gli aveva salvato la vita. Ma quella stessa trasfusione, dalla quale ha contratto l’epatite C, nel febbraio 2008 ha finito per ucciderlo. Ora la moglie della vittima, affidandosi agli avvocati Valentina Conte e Antonio Montanari, ha trascinato in aula la struttura sanitaria intentando una causa civile per ottenere un risarcimento danni da 330 mila euro visto che un primo tentativo di mediazione non è andato a buon fine. La prima udienza del procedimento è stata fissata a metà luglio di fronte al Tribunale di Pordenone. L’azienda sanitaria, rappresentata dall’avvocato Vittorina Colò, ha intenzione di opporsi alla richiesta di risarcimento.
Avrebbero stuprato la figlia di un complice per punirlo a seguito delle divergenze sulla divisione del bottino di un furto. Così sono finiti in carcere per i reati di rapina, sequestro persona e violenza sessuale. Si tratta di due componenti della famiglia Ahmetovic, padre e figlio, residenti a Badia Polesine, che da domenica sera si trovano rinchiusi nella Casa circondariale di Rovigo dopo essere stati arrestati dagli uomini delle Squadre Mobili di Reggio Emilia e Rovigo.

I fatti, che vedono protagonisti tutti Rom, secondo quanto ricostruito dalla Procura e dalla Mobile reggiana si basano sulla denuncia della vittima, una 25enne abitante con la famiglia in una roulotte all’interno di un campo nomadi a Campovolo. La giovane ha raccontato che la notte tra il 30 e il 31 marzo i due Ahmetovic hanno fatto irruzione nella sua roulotte e sono riusciti a portarla via con la forza, caricandola a bordo di un furgone allontanandosi. Dopo essersi appartati entrambi l’avrebbero violentata ripetutamente e verso le 3 del mattino l’avrebbero liberata dopo averle anche strappato una collana che indossava