«Ridatemi mio figlio. Dove sta Gianluca? Ditemelo, vi prego. Gianluca torna a casa, ti aspetto». Il lamento di Rosa Di Rosa – la mamma del piccolo di sette anni investito da un camion mentre era in sella ad una minimoto guidata dal cugino 15enne – riempie l’edificio di via Metito, a pochi passi dal centro di Giugliano. Abitava qui il piccolo Gianluca, secondo di due figli. Ed è qui che, uno dopo l’altro, arrivano i parenti e gli amici. «Ditemi che non è vero. Non ci credo. Il mio bimbo, ridatemi il mio bimbo», ripete la mamma. Accanto a lei c’è il marito Giulio e il primogenito Vincenzo di quattordici anni. E’ un dolore composto, il loro. Ma è altrettanto insopportabile. Come lo è quello di Eugenio De Mattia, zio del piccolo Gianluca e papà di Alessandro, il giovane che guidava la «Enduro Quad». «Non avevano l’autorizzazione ad uscire – dice – Quella minimoto doveva restare nel cortile di casa. E anche qui il casco era obbligatorio», chiarisce. Una bravata, insomma: quel giro sul mezzo nuovo di zecca- che è costato la vita al piccolo di sette anni e una denuncia per omicidio colposo a carico dell’autista del camion – è stata una terribile bravata. «Avevo visto Gianluca la sera prima dell’incidente. Me lo sono ritrovato in ospedale senza poter fare nulla», aggiunge lo zio che è radiologo al San Giuliano, il nosocomio dove è stato soccorso il bimbo. «Siamo una sola famiglia. Abitiamo nello stesso edificio. Gianluca, per me, era come un figlio», conclude il papà di Alessandro. A sostenerlo c’è il secondogenito di casa De Mattia, il 23enne Giuseppe. «Ho il ricordo di mio cugino impresso nella mente – dice – Ancora lo vedo davanti agli occhi mentre gioca a calcio o guarda i film di Pierino in tv».