Gennaro Notturno si è pentito, ha deciso di collaborare con la giustizia e di raccontare la ‘sua’ verità sui fatti di sangue che lo hanno visto protagonista o che comunque sono a sua conoscenza. Le deposizioni del boss potrebbero ricostruire la fitta rete di rapporti, affari e dinamiche che si intreccia nell’area nord di Napoli nel quadrilatero che comprende Scampia, Secondigliano, Melito e Mugnano. Quella di Notturno potrebbe essere una collaborazione diversa dalle altre: nulla di inventato a tavolino, senza coperture e mezze parole come quelle che lo hanno preceduto, e forse proprio questo ha scatenato la veloce e feroce vendetta nei confronti del nipote, figlio di Raffaele, Nicola Notturno, trucidato in via Ghisleri in una trappola che l’ha lasciato senza scampo.
I racconti parziali e, probabilmente, incompleti di chi l’ha preceduto, hanno solo scalfito in superficie i giochi di potere che dal 2004 ad oggi interessano la vita criminale delle bande che si contendono l’area nord di Napoli: polveriera e supermarket della droga. Negli anni, i personaggi di primo piano della mala napoletana, e non solo, hanno raccontato il minimo ‘sindacale’ per incassare la protezione per loro e per la famiglia. Una lunga serie di racconti pressoché simili che tenevano al sicuro i boss di primo piano dalle condanne più pesanti, lasciando ai ‘muccusielli’ le responsabilità più gravi e, in alcuni casi, dei ruoli apicali che non gli appartengono. Non è un caso, infatti, che personaggi del calibro di Raffaele Amato, Arcangelo Abete, Cesare Pagano, Arcangelo e Guido Abbinante – gli artefici della ‘scissione’ – Paolo Di Lauro, suo figlio Cosimo e il latitante Marco hanno ‘collezionato’ sentenze che si fermano alle accuse di associazione e droga.
Gennaro Notturno, ‘o sarracino, appartenente ad una delle fazioni più sanguinarie della periferia a nord di Napoli – tra quelle che componevano l’alleanza degli scissionisti contro l’egemonia dei Di Lauro – potrebbe seriamente inguaiare i veri capi del narcotraffico delle piazze di Scampia, Secondigliano e, forse, quelli degli ‘alleati’ melitesi, riscrivendo le vicende che hanno caratterizzato la sanguinosa faida che, tra il 2004 e il 2005, ha lasciato sull’asfalto una lunga scia di morte: oltre 80 morti – alcuni innocenti – trasformarono il feudo del clan Di Lauro in un cimitero a cielo aperto. ‘O sarracino potrebbe dunque essere la ‘gola profonda’ della faida; una bocca che, forse, hanno provato a chiudere trucidando il rampollo della famiglia pronto a scalare le posizioni nel traffico di droga.