Pubblicizzavano case d’appuntamento su internet, su siti specializzati. Ad essere indagate sono state tre persone, tra cui il nonno della piccola Fortuna Loffredo. I tre sono accusati di sfruttamento della prostituzione. Dietro questa triste vicenda si nascondono però anche le storie delle donne costrette a prostituirsi ai clienti “abbordati” su internet: storie di disperazione e di necessità. Il racconto di una di queste donna a Il Mattino ha ricostruito, almeno in parte, il contesto in cui si svolge questo tipo di attività: «Ho cercato di trovare un lavoro normale, ci ho provato, ma ero finita alla mensa dei poveri così ho iniziato con gli annunci sul web e ora vivo dignitosamente», ha raccontato una delle donne finite nel ciclone delle intercettazioni e dell’inchiesta.
«La prima volta è difficile, poi ci fai l’abitudine. Cento euro per un’ora al massimo, anche con un solo cliente al giorno riesco a guadagnare più che se lavorassi per dieci ore a sei euro all’ora, perché questo è il massimo che riuscivo a prendere quando facevo le pulizie».
L’indagine, tra l’area a Nord di Napoli e la provincia di Caserta, ha permesso anche di chiarire quale sia la clientela tipo di questi annunci: intercettazioni e foto ambientali hanno evidenziato che a ricorrere a questo tipo di “servizio” fossero specialmente professionisti e uomini benestanti che, lontani dalla città, cercavano qualche ora di intimità. Le donne e i clienti, ovviamente, non sono indagati, ma un’affermazione della “testimone” conferma quello che gli inquirenti già sapevano: “La maggior parte dei miei clienti ha moglie e figli e soldi da spendere”.