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giovedì, Marzo 28, 2024
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Nascosto in una cella frigo, arrestato il ras dei Di Lauro Giovanni Cortese

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E’ Giovanni Cortese ‘o cavallar, il ras di Secondigliano arrestato questo pomeriggio a San Marcellino, in provincia di Caserta. L’arresto è stato effettuato dai carabinieri. L’uomo, ras di lungo corso del clan Di Lauro, sarebbe finito in manette per aver violato un obbligo di dimora presso il comune di residenza. Si trovava infatti presso il locale Tenuta del Barone: all’arrivo dei carabinieri si è nascosto all’interno di una cella frigo della cucina del ristorante venendo poi scoperto. Ad ammanettarlo i carabinieri di San Marcellino coordinati dal gruppo di Aversa del tenente colonnello Donato D’Amato. Dopo le formalità di rito Cortese è stato trasferito presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Il profilo di Giovanni ‘o cavallar, ‘postino’ dei Di Lauro

Tre fratelli ma tre destini completamente diversi. E’ la storia dei fratelli Cortese, per più di vent’anni a capo di un gruppo criminale nel rione Berlingieri. Il più conosciuto è Giovanni ‘o cavallar, persona di fiducia di Paolo Di Lauro (nonchè ambasciatore del clan, era lui che durante la faida recapitava i messaggi del boss) nonchè specialista nei ‘cavalli di ritorno’; Ciro, passato con la Vanella Grassi e ucciso per contrasti interni, poi Luca che ha rotto con il passato. Di Giovanni Cortese hanno parlato negli anni diversi collaboratori di giustizia,ma il profilo più completo sembra quello tracciato da Vincenzo Lombardi.

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«Giovanni Cortese ’o cavallaro aveva il ruolo di controllo del rione Berlingieri, in particolare il controllo dei cosiddetti “cavalli diritorno”, acquistando direttamente dai ladri o rapinatori le autovetture per poi contattare i proprietari e fare i cavalli di ritorno. Nel corso della faida si è avvicinato a Pica,anche per fargli conoscere affiliati esterni al rione quali Maurizio Maione, i fratelli Pacchina e altri ancora».«Giovanni Cortese – ha poi continuato il collaboratore di giustizia Lombardi – si è occupato delle estorsioni a Melito. A tutte le persone affiancate da Giovanni Cortese a Giuseppe Pica, nel senso che le indicava per valutarle da un punto di vista criminale, venivano affidate mansioni diverse:chi doveva portare soldi, chi doveva occuparsi del mantenimento dei ragazzi nel rione».

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