Un vero e proprio pastrocchio, che porta come firma principale quella dello Stato. Dopo mesi di attesa si è finalmente chiusa la telenovela sull’ipotesi scioglimento del Comune di Giugliano. Il Ministero dell’Interno ha stabilito, infatti, di non procedere al commissariamento dell’Ente ma di inviare una serie di prescrizioni a cui gli amministratori dovranno attenersi per garantire trasparenza e regolarità. Una decisione quasi scontata, (qui l’articolo dello scorso 5 settembre che preannunciava l’ipotesi) visto la tempistica ed i colpevoli ritardi che oramai rendevano inutile, inefficace e controproducente un eventuale commisariamento del Comune, anche in virtù delle amministrative del 25-26 maggio che avevano portato all’elezione di un nuovo sindaco e di un nuovo consiglio comunale.
In un quadro così contorto, dove ognuno dice tutto ed il contrario di tutto, è importante ricostruire il filo temporale di quanto avvenuto, non solo negli ultimi mesi.
Dal decreto del Viminale emerge che il 19 febbraio scorso la Prefettura di Napoli ha avuto i poteri di accesso nei confronti del Comune di Giugliano, ma soltanto tre giorni più tardi, ovvero sabato 22 febbraio, il Prefetto ha inviato la commissione d’indagine Nel frattempo, però, venerdì 21 febbraio, erano arrivate a sorpresa le dimissioni dei 19 consiglieri comunali che posero fine anzitempo all’Amministrazione Pirozzi.
Eppure era già da diversi mesi che il clima a Giugliano era diventato pesante visto le 4 inchieste che avevano coinvolto il Comune in poco tempo (due su Teknoservice, rimborsopoli, Anthares) e che avevano portato anche ad ordinanze cautelari nei confronti di politici di primo piano, dirigenti comunali, imprenditori e esponenti della camorra locale.
L’arrivo della commissione d’accesso era, dunque, nell’aria ma la Prefettura ha temporeggiato troppo, facendosi prendere in contropiede dalle dimissioni dei consiglieri comunali. Il Prefetto Di Bari si è trovato così una patata bollente tra le mani: da un lato indagare in breve tempo sull’ipotesi infiltrazioni della camorra in Comune, dall’altro garantire una corretta organizzazione della macchina elettorale previste a breve termine, precisamente a fine maggio. Giugliano ha vissuto così la campagna elettorale più strana della sua storia politica, con la spada di Damocle di un possibile scioglimento sempre dietro l’angolo che ha condizionato, e non poco, candidature e coalizioni. Lo stesso ex sindaco Nicola Pirozzi, che nel giorno delle dimissioni dei cosnsiglieri aveva annunciato una sua ricandidatura, ha fatto poi un passo indietro su richiesta del PD, che ha poi puntato su Diego D’Alterio, attuale primo cittadino ed ex capogruppo dei democrat sotto la sua Amministrazione.
Se facciamo un passo indietro, anche i tempi lenti della magistratura hanno contribuito a creare un clima di instabilità politica.
L’inchiesta riguardante i fatti gravissimi avvenuti a Giugliano tra il 2015 e 2020, si è, infatti, conclusa soltanto a fine 2024. Tempi più celeri avrebbero, invece, consentito l’arrivo della commissione d’accesso già molto tempo prima, rispetto a quanto poi accaduto.
Ricordiamo, infatti, che la legge sugli scioglimenti per camorra dei Comuni non si basa su prove certe ma sul cosiddetto fumus, ovvero il puro sospetto che la vita amministrativa dell’Ente possa essere condizionato internamente o esternamente da ambienti malavitosi. Ipotesi che – in attesa delle sentenze in sede penale – è senz’altro avvenuta a Giugliano visto il grado delle pesanti intercettazioni venute fuori riferite al periodo 2015-2020 e che hanno trovato riscontro solo recentemente nell’inchiesta giudiziaria che ha portato ad arresti eclatanti.
Invece solo lo scorso febbraio, con lo scoppio di altre inchieste, la Prefettura ha inviato a Giugliano il pool di investigatori che ha chiuso le indagini in appena due mesi, precisamente il 17 aprile 2025, quindi meno del tempo minimo previsto dalla normativa di 3 mesi e senza bisogno della proroga trimestrale prevista dalla normativa.
Le indagini lampo sarebbero state finalizzate e giustificate solo ad un unico obiettivo: prendere una decisione prima delle elezioni previste a Giugliano a fine maggio, cosa che alla fine non è però avvenuta, a causa della tardiva riunione del Comitato di Ordine e Sicurezza e della relazione prefettizia giunta al ministero dell’Interno solo all’esito delle Amministrative e non prima, come poteva avvenire.
Proprio alla base di quel fumus sarebbe stato relativamente semplice giustificare uno scioglimento, considerando anche quanto emerso dalle prescrizioni pubblicate pochi giorni fa su temi molto caldi, come rifiuti ed edilizia. Tuttavia, è evidente che la scelta di non commissariare l’Ente sia stata esclusivamente di carattere politico.
Ed è qui che entrano in ballo i giochi politici, con il clamoroso autogol del centrodestra: la coalizione credeva di avere la vittoria in pugno con la candidatura a sindaco di Giovanni Pianese, ma si è ritrovata invece con “un paio di mosche in mano”.
Spingere, dopo la sconfitta elettorale, per uno scioglimento post-voto sarebbe stato non solo un boomerang politico per il centrodestra, ma anche per la Prefettura, visto che l’amministrazione D’Alterio, neo-eletta democraticamente, avrebbe avuto ampie chance di vincere un eventuale ricorso al Tar.
Dunque, Prefettura e Ministero hanno scelto la via più semplice — e quasi obbligata, considerando gli errori commessi — ovvero quella di seguire le prescrizioni, ammettendo così che i presupposti per sciogliere il Comune di Giugliano c’erano eccome, ma che non si è proceduto in tal senso solo ed esclusivamente per una concatenazione di errori e ritardi, sia giudiziari che politici.
Nemmeno regge la favola della discontinuità. Facendo un’analisi superficiale è vidente che almeno metà degli esponenti del nuovo consiglio erano già presenti nel mandato precedente, e addirittura alcuni presenti anche nell’Amministrazione Pianese (Luigi Guarino, Francesco Mallardo, Giovanni Pianese, Diego D’Alterio, Pasquale Ascione) sciolta nel 2013. Inoltre lo stesso attuale sindaco Diego D’Alterio ha più volte richiamato sia durante la campagna elettorale sia dopo l’elezione, di voler continuare il buon lavoro svolto dall’ex sindaco.
In altri Comuni, dove non ci sono inchieste pesanti come a Giugliano, ad esempio Marano, si è optato invece per lo scioglimento. Invece, a Palma Campania o Sorrento, dove i sindaci sono finiti rispettivamente ai domiciliari e in carcere, non è stata nemmeno inviata la commissione d’accesso (almeno per ora).
Scelte davvero difficili da spiegare per chi mastica di politica e di giudiziaria.
Questa vicenda insegna che la legislazione in materia di scioglimento delle amministrazioni è ormai vetusta e necessita di una revisione, poiché soggetta a troppe interpretazioni e valutazioni di carattere politico, mentre sul piano giuridico-investigativo offre ben poco o nulla. Allo stato attuale, quasi tutti i Comuni della Provincia di Napoli presenterebbero elementi sufficienti per giustificare uno scioglimento, anche quando il condizionamento non è così palese.
Con la decisione del ministero, è stato finalmente messo un punto ad una delle pagine più brutte della storia di Giugliano. Tocca alla Politica ora, quella con la P maiuscola evitare polemiche e accuse vicendevoli ed alzare il livello del confronto.
Una cosa è certa: non c’è nulla da festeggiare a Giugliano, tutti ne sono usciti sconfitti, soprattutto la cittadinanza, mortificata da chi invece avrebbe dovuto tutelarla.

