“C’è un tema complesso che interessa la Serie A e la Serie B di calcio, e che oggi rappresenta un grande problema per cui il mio ufficio segue queste vicende, quello delle infiltrazioni delle organizzazioni criminali camorristiche nelle tifoserie organizzate e del rapporto tra le tifoserie organizzate e le società, perché è un doppio livello che bisogna intercettare, che bisogna identificare e che rappresenta veramente il cuore del problema”. Lo ha detto Antonio Ardituro, sostituto procuratore nazionale presso la Direzione nazionale Antimafia e Antiterrorismo, intervenuto a Roma all’Università Lumsa in occasione del seminario ‘Le mafie nello sport. Lo sport contro le mafie’ organizzato dalla cattedra di Diritto processuale penale per riflettere appunto sulle mafie nello sport e sul ruolo dello sport contro le mafie.
“Abbiamo esempi clamorosi- ha spiegato- perché se io vi parlo di Juventus, di Inter, di Milan, di Roma, di Lazio, di Napoli, vi sto parlando del calcio che ci piace quello che vediamo alla domenica sportiva. E’ proprio questo nostro calcio, però, ci ha presentato le infiltrazioni di ‘ndrangheta nelle tifoserie organizzate della Juventus; un processo di appena un anno fa, ha individuato infiltrazioni radicate ai livelli più alti della tifoseria organizzata del Milan e dell’Inter, che sono sfociate in regolamenti di conti con omicidi; le vicende di Diabolik della Lazio. Fenomeni che in passato hanno interessato anche la tifoseria organizzata del Napoli, di cui mi sono occupato direttamente. Potremmo dire che tutto questo non c’entra con il calcio e le società, purtroppo non è così perché c’è un rapporto tra le società di calcio e la tifoseria organizzata che molto spesso diventa malato e che consente – in questo c’entrano le società e anche le istituzioni sportive, i regolamenti, le norme che noi utilizziamo – di considerare le curve come un luogo extraterritoriale, dove non c’è la giurisdizione e non c’è il controllo da parte delle organizzazioni dello Stato, sportive, del calcio, delle società”.
Davanti a questa situazione, “in curva tutto può accadere – ha detto ancora il sostituto procuratore nazionale – le organizzazioni criminali possono controllare fenomeni grossi, perché parliamo di stadi importanti intorno a cui girano affari: le aree parcheggio, la gestione degli steward, la concessione dei biglietti e degli abbonamenti ai gruppi organizzati, cioè si crea un filo tra società e tifoserie organizzate che però non sono fatte di tifosi appassionati che cantano i cori e portano le bandiere, ma sono organizzazioni criminali che hanno delle infiltrazioni di carattere mafioso”.
Non solo le infiltrazioni mafiose, nelle curve d’Italia c’è sempre piu’ eversione. “Vi do un altro input di riflessione – ha spiegato – che attiene non al tema delle mafie, ma delle organizzazioni criminali di matrice eversiva o terroristica, perché noi registriamo sempre più spesso che molte curve sono il luogo della crescita, del proliferare del proselitismo, dell’utilizzazione di alcuni pezzi dei gruppi ultrà per far crescere soprattutto ideologie suprematiste che legano le curve e i movimenti ultrà italiani a movimenti ultrà sovranazionali. La stragrande maggioranza delle curve si esprimono con simbolismi neofascisti e neonazisti, è facilissimo vedere riferimenti alle svastiche”.
“Che cosa possono fare le società? Io credo – ha risposto – che ci siano delle cose che possono fare di più le società, delle cose che possono fare di più le istituzioni sportive, delle cose che possono fare di più le istituzioni nazionali. Le società innanzitutto devono dotarsi di meccanismi organizzativi che tengano lontani i tifosi ultrà dal rapporto con le società, con i calciatori, eccetera. È una cosa che si può fare. Per esempio, il meccanismo per cui si riservano abbonamenti ai gruppi ultrà fuori dai meccanismi di vendita ordinaria, oppure per cui si riservano un tot di biglietti per la finale di Champions a determinate categorie di soggetti che fanno parte della curva, eccetera, eccetera, è un meccanismo criminogeno che aiuta un rapporto distorto tra queste organizzazioni e la società. Oppure meccanismi, come nell’indagine sull’Inter, dove se i biglietti non vengono dati, il capo ultrà alza il telefono, perché ne ha il numero, e chiama l’allenatore dell’Inter per chiedergli di intercedere con la società”.
“È un meccanismo che non va bene, non si crea quel muro, quella barriera di distanza che ci deve essere tra la società. Se tu fai l’abbonamento in curva e il posto che ti hanno assegnato è quello dove stanno i gruppi organizzati degli ultrà, tu la non ti puoi sedere. Questa roba qui nel codice penale, si chiama articolo 610: violenza privata. Io ho il biglietto, questo è il mio posto e non mi posso sedere perché tu mi dici che mi devo allontanare in un’altra parte della curva perché questo è il posto dove stanno gli ultrà. Come vedete c’è da fare molto, non è facile perché poi ci sono le reazioni, ma le società possono fare di più, le istituzioni sportive possono fare molto di più perché i regolamenti, perché le sanzioni quando accadono delle cose devono essere effettive e non devono essere perdoniste. Il calcio non deve essere trattato dalle istituzioni nazionali solo come un problema di ordine pubblico. Noi siamo abituati a trattare lo stadio e l’evento sportivo solo come un problema di ordine pubblico, perché se io tratto l’evento sportivo come un problema di ordine pubblico e non come un problema innanzitutto di legalità, sono due cose diverse la legalità e l’ordine pubblico, affronto la questione soltanto con un obiettivo che non accadano scontri, che non accadano problemi, ma se per non far accadere problemi devo cedere la sovranità dello Stato ai gruppi ultrà sto facendo crescere la cultura del gruppo ultrà che controlla la curva, il territorio e che naturalmente se controlla un luogo così importante diventa obiettivo delle organizzazioni criminali che hanno interesse a mettere i loro avamposti in tutti questi punti”.
“Molti dei ragionamenti che io ho fatto sui gruppi ultrà e sulle infiltrazioni nel calcio, soprattutto quelli, per esempio, collegati ai movimenti più estremisti, oggi iniziamo a rivederli nel basket- ha concluso Ardituro- un altro sport che ormai ha una sua tradizione in Italia, ha una sua diffusione, un suo radicamento. Anche nel basket il tempo, purtroppo già lo so, ci porterà su situazioni analoghe a quelle del calcio”. (DIRE).

