La notizia del maxi sequestro ad Angelo Napolitano, titolare di Napolitano Store, ha inevitabilmente fatto il giro dei social. Con oltre 700mila follower su tutte le piattaforme, l’imprenditore è diventato negli ultimi anni un volto conosciutissimo soprattutto su TikTok, grazie ai suoi video quotidiani di offerte e sconti.
Come documentato da Striscia la Notizia in un servizio andato in onda lo scorso febbraio, l’imprenditore incoraggiava i clienti a pagare in contanti promettendo sconti consistenti. Non solo: invitava a saldare con le cosiddette “maglie dell’Avellino”, un’espressione metaforica per indicare le banconote da 100 euro.
In questi casi, al cliente non veniva rilasciato uno scontrino fiscale regolare, bensì una “bolletta” priva di validità tributaria. Il documento, molto simile a una normale ricevuta, era generato tramite un apposito software gestionale e riportava persino il codice Imei del telefono venduto. Questo sistema di doppia contabilità consentiva all’esercente di giustificare formalmente l’uscita della merce dal magazzino, di tenere traccia delle vendite e, allo stesso tempo, di garantire ai clienti la sostituzione dei prodotti acquistati.
Il successo social di Napolitano Store
Angelo Napolitano sui social vanta un totale di oltre 700mila followers. Per capire un “successo” del genere può essere utile ricordare la celebre Fenomenologia di Mike Bongiorno di Umberto Eco. Il semiologo spiegava come Bongiorno fosse seguitissimo non perché “eccezionale”, ma perché incarnava l’uomo comune: semplice, riconoscibile e capace di non far mai sentire il pubblico inferiore.
Allo stesso modo, anche Napolitano ha costruito la sua popolarità con un linguaggio diretto e immediato, capace di richiamare l’attenzione con offerte definite ‘imperdibili’. Anche questa esposizione costante ha finito per attirare anche lo sguardo della Guardia di Finanza.
Il servizio di Luca Abete a Striscia la Notizia dello scorso febbraio
Nel servizio trasmesso a Striscia la Notizia, Luca Abete si recò da Napolitano Store a Napoli. Secondo quanto venne riportato all’interno del servizio, il negozio avrebbe avuto un doppio listino prezzi: uno dedicato ai clienti che pagavano tramite POS e uno dedicato ai clienti che pagavano in contanti (quest’ultimo prezzato a ribasso). Per esempio, l’iPhone 16 veniva venduto a chi acquistava in contanti a soli 750 euro, rispetto ai 900 euro di chi comprava con carta di credito.
Anche dai social dell’attività emersero riferimenti che promuovevano la vendita di dispositivi elettronici: frasi come “649,99, ma mi dovete portare le patatine però” o “Dovete portarmi 9 magliette dell’Avellino e portate tutto a casa”, dove il termine “patatine” indicava il pagamento in contanti e “maglietta dell’Avellino” rappresentava la banconota da 100 euro.
Con l’ausilio di una telecamera nascosta, l’inviato documentò che un iPhone 16 veniva venduto a 750 euro se pagato in contanti, mentre il prezzo saliva a 900 euro se si utilizzava la carta. Questa pratica, come spiegò un Maggiore della Guardia di Finanza all’interno del servizio, andava contro il Codice del Consumo, che per l’appunto vietava di applicare sovrapprezzi ai pagamenti effettuati tramite POS. Quando Luca Abete si presentò in negozio per chiedere spiegazioni, la situazione si fece tesa.

