Franko Hadzovic, il rom accusato dell’omicidio di Pietra Calanna è stato rinviato a giudizio. Ieri mattina il giudice per le indagini preliminari Lucia Spagnuolo Vigorito del tribunale di Napoli ha accolto la richiesta della procura e dell’avvocato difensore della famiglia della vittima, costituitasi parte civile nel procedimento. Il 33enne accusato di omicidio a scopo di rapina, con l’aggravante dei motivi futili e abbietti, è in carcere dal 18 maggio, arrestato mentre con un complice vagava con un camper nelle campagne di Castelvolturno. Il processo prenderà il via il primo luglio e in quella sede verrano messe a setaccio tutte le prove e le testimonianze. Era il 17 maggio dello scorso anno quando Luisa, la figlia ventenne della donna, tornò a casa perché aveva dimenticato il portatile, scese dalla macchina e per pochi minuti, fuori casa, lasciò incustodita l’auto. Quando tornò trovò due uomini alla guida della sua Fiat Punto, gridò e la mamma le corse incontro, ponendosi dietro alla macchina convinta che così i due ladri avrebbero desistito e lasciato l’auto. Ma così non fu. Con una retromarcia repentina i due balordi investirono Pietra Calanna, 52 anni, e la lasciarono sul selciato senza vita. Luisa Odierno la figlia è l’unica testimone dell’incidente. Il viso di colui che ha ammazzato sua madre lei c’è l’ha stampato nella mente e lo ha riconosciuto in un confronto all’americana. Ma il nomade dal primo momento ha affermato di non essere mai stato in via Vicinale Amodio, dove vi è l’abitazione della Calanna e che quella mattina era a fare la spesa con la sua famiglia. Eppure nell’auto ritrovata qualche ora dopo l’omicidio, messa a setaccio dagli uomini della scientifica, di Hadzovic non c’è traccia. Non un’impronta digitale, solo un capello che non appartiene a nessuno della famiglia Calanna ne tanto meno al giovane rom.