Si è costituto Vincenzo Di Domenico, 27 anni di Pozzuoli, unico ricercato per l’omicidio di Roberto Landi, l’ex consigliere comunale di Villaricca trovato cadavere in una buca sulla spiaggia di Licola lo scorso 23 aprile. Il 27enne si è recato nella caserma dove ha sede il nucleo investigativo dei carabinieri di Castello di Cisterna, accompagnato dall’avvocato Girolamo Catena ed ha ammesso le proprie responsabilità in ordine all’occultamento del cadavere di Roberto Landi, respingendo però le accuse mosse da Rosario Solmonte (unico pentito nella vicenda) di aver partecipato anche alla fase dell’uccisione. Numerosi testimoni, secondo quanto riferito da Di Domenico, possono confermare che mentre Landi veniva ammazzato, egli era presente al Comune di Pozzuoli in occasione della promessa di matrimonio del fratello e successivamente nel ristorante insieme a tutta la famiglia per festeggiare l’evento. Una lista di nomi e cognomi è stata fornita al pubblico ministero Antonio D’Alessio che lo ha interrogato. Non si esclude che i carabinieri procedano ad una verifica dei testimoni.
In carcere oltre a Di Domenico e Solmonte si trovano anche gli altri due arrestati il 6 maggio scorso: Giuseppe Toto e Ciro Pianese che, secondo la procura, avrebbero pianificato di eliminare Landi dopo che quest’ultimo avrebbe preteso la restituzione di una grossa somma di danaro, compendio di una truffa ai suo danni.
Versioni contrastanti quelle di Solmonte e Di Domenico: «Ero al ristorante quando Solmonte mi ha chiamato e mi ha chiesto di raggiungerlo in quanto gli serviva una cortesia – ha raccontato Di Domenico al pm – quando l’ho raggiunto, mi ha detto che dovevamo scavare una fossa per far sparire un cadavere. Ma non sapevo di chi era il corpo, né che era stato ucciso. Non mi aveva detto niente». Solmonte invece al pm aveva detto che Di Domenico era presente al delitto così come Pianese e Toto (quest’ultimi due negano e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere).
«Mi accusa per vendicarsi – aggiunge Di Domenico -. Un giorno mi chiamò perché voleva compagnia. Stavo in macchina con lui quando affiancammo un’altra auto nella quale viaggiava una donna e lui ha sparato con tre colpi di pistola, uno in pieno viso. Io sono sceso dalla macchina e sono scappato e ho detto che con lui non volevo più avere a che fare». Una storia fino ad ora inedita che potrebbe far luce su un’altra vicenda di interesse investigativo ora al vaglio degli inquirenti.
Rosario Solmonte, dunque, con un passato nelle fila dei Beneduce di Pozzuoli si era avvicinato al clan vincente di Qualiano, dentro al quale aspirava a scalare le fila e “sparare”, dunque, gli avrebbe via via consentito di conquistare punti. (fonte CdN)