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ercolano, i veleni sul palazzo

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ERCOLANO – L’imbarazzo è stampato sul volto di Gennaro Miranda e Nunzio Spina, i due giovani consiglieri comunali di An. Al posto del senatore Michele Florino, non avrebbero certo sparato a zero sulle parentele, datate nel tempo, di sette consiglieri comunali di Ercolano (quattro di Fi, due Ds ed uno di lista civica) con persone in passato coinvolte in procedimenti penali. Nella piccola saletta guardata da un grosso crocifisso in legno, si azzerano le distinzioni politiche tra maggioranza e opposizione: in aula ci sono 22 consiglieri su 31 e tutti approvano il documento finale, proposto dal presidente Pasquale Simeone. Vi si ribadisce che tutti coloro che siedono in quei banchi consiliari hanno «piena legittimazione morale e politica», che il dibattito di due ore ha «dissipato ogni dubbio sulla moralità del Consiglio comunale». E poi, facendo intendere che ogni eventuale iniziativa penale e civile a tutela dell’immagine di Ercolano sarà esaminata da avvocati, si rinnova l’invito alla manifestazione anti-camorra del 12 ottobre.
Tutti contro Florino, di cui qualcuno – sposando metodi che vengono contestati al senatore – trasformando la polemica da politica a personale, ricorda «i trascorsi nella sezione fascista di via Foria». Florino contro tutti. Come venti anni fa, quando, alla vigilia di un atteso Consiglio comunale a Napoli, che doveva sancire la convenzione con il listone dei 700 disoccupati ex detenuti, tirò fuori i nomi di alcuni parenti del clan Giuliano inclusi in quelle liste. Il senatore non è nuovo alle botte ad effetto. E venti anni fa, in quel Consiglio comunale napoletano preceduto dalle rivelazioni sui clan, esplosero anche incidenti. Oggi, il dibattito ad Ercolano è invece civile e composto. C’è il calore appassionato dell’avvocato Paolo Colini di Fi, tra i nomi citati dal senatore di An nell’incriminata conferenza stampa del tre ottobre, che la butta sull’ironia: «Sono responsabile di una parentela lontana». O la passione civile di Giovanni Maddaloni (ex Rifondazione, ora in una lista civica), che ricorda il principio di responsabilità penale personale e chiede le scuse ufficiali di Florino. O ancora il moto d’affetti di Adolfo Marella (sempre di Fi), che esalta la figura del padre, sindaco di Ercolano nell’88, «eletto già 4 anni dopo la paventata denuncia di favoreggiamento di cui parla Florino». Qualcuno, come Raffaele Simeone (ancora Fi) integra le notizie del senatore di An, sulle accuse rivolte alla sorella ed al cognato: «ha dimenticato di dire che risalgono a 22 anni fa e che sono stati prosciolti».
Quindici interventi, un Consiglio ricompattato, con la lettura di una lettera del presidente provinciale di An, Luigi Muro, che, pur esaltando l’impegno civile di Florino, prende le distanze dalla sua iniziativa. Tanto che Luigi Vitiello, segretario dei Ds, sente di esprimere «solidarietà ai dirigenti di An, che vivono un grande imbarazzo».
Unanimità, con qualche distinguo. Ciro Iengo, ex sindaco che visse la stagione dello scioglimento nel ’93, ricorda come i criminalizzati di allora, rivoltati come calzini dalla magistratura, sono usciti puliti da ogni procedimento. E Ciro Pane, capogruppo del Polo, che in apertura aveva chiesto l’allontanamento del senatore della Margherita Giuseppe Scalera, presente in aula, si duole che nessuna indignazione sia stata espressa in altre occasioni di «strumentali criminalizzazioni di attività politiche».
Ma, al di là del documento politico finale approvato da tutti, resta la richiesta ufficiale del sindaco Luisa Bossa, che aveva voluto la convocazione straordinaria del Consiglio comunale, alla commissione Antimafia: una riunione speciale ad Ercolano, investita da tre anni da una violenta guerra di camorra tra il clan Ascione e quello dei Birra, nato da una costola del primo, per il controllo del mercato della droga. Dodici morti e 15 feriti, solo nel 2001; quattro omicidi negli ultimi due mesi. Dice il sindaco: «La gravità dei fatti imponeva un confronto civile. Florino ha ripescato legami parentali tortuosi, di epoche lontane, in maniera incauta ed irresponsabile, colpendo l’onorabilità e la vita di un assessore e sei consiglieri comunali. È gratuita denigrazione, che sovraespone i destinatari. Noi saremo sempre uniti contro l’arroganza dei clan. Ed ho chiesto a prefetto e commissione Antimafia di tutelare i consiglieri denigrati».

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GIGI DI FIORE- IL MATTINO 7 OTTOBRE 2003

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