Home Cronaca Giugliano, blitz contro un terrorista «in sonno»

Giugliano, blitz contro un terrorista «in sonno»

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L’INCHIESTA. Falegname algerino nell’operazione diretta da Torino, perquisito l’appartamento


Clandestino legato ad Al Qaeda: espulso. Lavorava in città da due anni

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da GIUGLIANO



Dalle montagne scoscese dell’Afghanistan alla periferia urbana di Giugliano. Al Qaeda, la ramificata organizzazione terroristica di Osama bin Laden, aveva uno suo referente nell’hinterland a nord di Napoli. Nell’archivio militare dello sceicco del terrore c’era chi aspettava un suo ordine di morte in un appartamento di Giugliano, al civico 10 di via Simeone. Si tratta di Charef Yacine, algerino di ventotto anni, da due residente a Giugliano, un lavoro al nero e nessun permesso di soggiorno. Nella notte tra lunedì e martedì gli uomini della Digos sono penetrati nel suo appartamento con un decreto di perquisizione. In casa è stato sequestrato diverso materiale cartaceo, agende e numerosi appunti manoscritti, che ora dovranno essere tradotti da un interprete.
Yacine, inesistente per lo Stato italiano, indagato per terrorismo internazionale, è un «dormiente» dell’esercito di bin Laden, vale a dire in attesa di ordini. E’ uno dei sette finiti nella lista dei pm Sandro Ausiello e Marcello Tatangelo della procura di Torino, titolari dell’inchiesta sulla cellula italiana di Al Qaeda. Gli agenti lo hanno condotto in questura, poi è stato trasferito a Torino, da dove è stato infine è espulso. Sette persone in totale (sei marocchini e un algerino, appunto). Tutte «segnalate per la loro attività di proselitismo e favoreggiamento nei confronti di organizzazione terroristiche di matrice islamica». Tra loro, Charef Yacine. Di lui si sa veramente poco. Il suo nome è in un fascicolo dell’Ucigos. Con un avvertimento in codice alla Digos di Napoli: «Attenzionate il soggetto». Nato a Boufark Blinda, in Algeria, il 28enne si era stabilito clandestinamente a Giugliano da circa due anni. In città si era arrangiato con diversi lavori manuali: prima come bracciante agricolo, poi come garzone in una falegnameria. Non risulta, comunque, che l’extracomunitario avesse mai svolto attività religiosa. Viveva nell’appartamento di via Simeone 10 con un connazionale che, però, non avrebbe nulla a che fare con il terrorismo.
Tuttora non è ancora chiaro quale fosse il ruolo esatto dell’algerino all’interno della cellula islamica. Come nel caso degli altri sei arabi espulsi dall’Italia, anche nei confronti di Charef Yacine i pm avevano chiesto l’arresto. Il gip Sabrina Noce aveva però respinto l’istanza nella convinzione che non vi fossero «elementi sufficienti». Degli espulsi cinque erano residenti a Torino e uno a Reggio Emilia. Secondo gli inquirenti il gruppo si occupava, tra l’altro, di reclutare volontari per la «guerra santa» e raccogliere fondi da destinare ai familiari dei terroristi-bomba. Le inchieste della procura di Torino non hanno però portato alla scoperta di alcun progetto di attentato in Italia.


ABBìABBè 22 novembre 2003

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