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PUGILE UCCISO A VILLARICCA, PER TUTTI ERA TAYSON BIANCO
Migliaccio gareggiò anche in America
Sapeva di essere nel mirino dei Di Girolamo

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VILLARICCA . Un uomo, Massimo Migliaccio, di 34 anni, è morto la notte di venerdì in un agguato avvenuto a Villaricca. Secondo quanto si è appreso, Migliaccio è stato colpito da diversi colpi di arma da fuoco sparati – secondo una prima ricostruzione – da almeno due persone, mentre si recava a lavorare in un caseificio della zona. Sull’omicidio sono in corso indagini da parte della polizia. Secondo quanto si è appreso, Migliaccio fino ad alcuni mesi sarebbe stato legato al clan camorristico Di Girolamo, egemone nelle aree a nord di Napoli e che nei mesi scorsi ha subito un ridimensionamento grazie a numerosi arresti eseguiti da polizia e carabinieri. Secondo gli investigatori Migliaccio si era però allontanato dalle attività del clan e da alcuni mesi lavorava in un caseificio nei pressi del quale, l’altra notte, poco prima delle tre, è stato ucciso. Lo scorso mese di gennaio, due esponenti del clan Di Girolamo erano stati uccisi in un agguato avvenuto a Mugnano (Napoli). Intanto, due affiliati al clan Misso sono stati arrestati con l’accusa di omicidio grazie agli importanti elementi che il figlio della vittima – un pluripregiudicato partenopeo – ha fornito agli inquirenti. La Squadra Mobile di Napoli, su mandato del gip del Tribunale di Napoli Amalia Taddeo, ha portato in carcere Maurizio Matteo, 29 anni, e Vincenzo Pirozzi, 24 anni, entrambi affiliati al clan Misso egemone nel centro antico della città. Sono accusati, oltre che di appartenere ad una organizzazione di stampo mafioso e di porto e detenzione illegale di pistola, dell’omicidio di Mario Ferraiuolo, vittima di un agguato nella centrale piazza Calenda il 15 maggio 2001.
InterNapoli

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MIGLIACCIO GAREGGIÒ ANCHE IN AMERICA

Per tutti era il Tyson bianco




di ADRIANO CISTERNINO


VILLARICCA. Lo chiamarono il Tyson bianco per la sua potenza terrificante e per il gran coraggio che spingeva i suoi pugni. Su undici match disputati da professionista solo l’ultimo lo vinse ai punti. Gli altri dieci tutti prima del limite. Ma la storia sportiva di Migliaccio conquistò i titoli a nove colonne dei quotidiani sportivi anche perché rappresentò una battaglia d’avanguardia, sul piano dei diritti di un atleta. Peso massimo, brevilineo, dotato di potenza devastante, già da dilettante aveva ottenuto apprezzabili risultati. Ma per poter sfruttare al meglio questa sua esplosiva qualità Migliaccio voleva diventare professionista a 18 anni. In quei tempi però la Federboxe non concedeva il previsto «nulla osta» prima dei 21 anni. E allora l’allenatore della Boxe Mugnano, Leone Fazio, il suo allenatore, decise di affiliarlo alla federazione lussemburghese. Fazio non era nuovo a questo tipo di battaglie. Già negli anni ’70 aveva richiamato i fari della cronaca nazionale per un’altra battaglia d’avanguardia, la richiesta di affiliazione di una ragazza (Assunta Agliata) alla Federboxe, quando il pugilato femminile sembrava un’ipotesi quasi contro natura.
Ma torniamo al Tyson bianco, come lo avrebbero definito poi in Usa. Debuttò a Tallin, con licenza lussemburghese, il 10 maggio 1989, a 18 anni e 7 mesi: vittoria per ko alla terza ripresa contro l’inglese Robert Albom. Infilò nove vittorie consecutive, tutte prima del limite, combattè in America, fu in cartellone a Montecarlo la sera in cui Gianfranco Rosi difese il titolo mondiale dei superwelters contro Kevin Daig. Il perugino vinse in sette riprese, lui se la cavò in meno di un round. I giornali continuavano a esaltare le imprese del piccolo Tyson di Mugnano, ma in Italia Migliaccio era considerato solo un pugile straniero e non poteva aspirare al titolo nazionale. Non poteva neppure mettere piede sui nostri ring, cosa che avvenne solo dopo che ebbe compiuto i 21 anni, quando finalmente potè affiliarsi alla Fpi e scelse Rocco Agostino come manager, lo stesso di Oliva, Cotena e tanti campioni. Disputò ancora due incontri e solo l’ultimo lo vinse ai punti. Il servizio militare lo bloccò impedendogli di sottoscrivere altri ingaggi all’estero e poi lo allontanò per un po’ dal ring. Tornato in palestra, litigò con Agostino, manager inflessibile sulle regole del ring. Rimase fermo per qualche anno, poi la vita lo portò lontano dal ring.
Il Mattino 4 luglio 2004

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