Home Cronaca Processo al clan Di Lauro, secondo imputato ucciso

Processo al clan Di Lauro, secondo imputato ucciso

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di DARIO DEL PORTO

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In meno di un mese sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco due protagonisti dell’inchiesta della procura di Napoli sulle ramificazioni del clan di Secondigliano ritenuto capeggiato da Paolo Di Lauro. Il 29 settembre era toccato a Luigi Aliberti, imputato davanti alla quarta sezione penale, assassinato a Scampia con quattro colpi di pistola al volto. Ieri sera, in via Limitone d’Arzano, la stessa sorte è capitata a Fulvio Montanino, come Aliberti coinvolto nell’indagine, coordinata dal pm Giovanni Corona, nella quale era imputato per associazione finalizzata al traffico di droga. Due episodi troppo simili, e troppo ravvicinati, per non indurre gli investigatori a leggerli come una nuova conferma della fibrillazione in atto tra le cosche camorristiche della periferia settentrionale della città. L’inchiesta nella quale comparivano i nomi di Aliberti e Montanino ipotizza l’esistenza di un gruppo malavitoso caratterizzato da una struttura piramidale con al vertice il presunto boss Paolo Di Lauro, oggi in cima all’elenco dei latitanti ma fino a questo momento mai condannato per mafia. Secondo la procura la cosca gestisce numerose attività illecite a cominciare dal traffico di stupefacenti, accusa per la quale Aliberti era stato scarcerato dal Tribunale del Riesame ma poi rinviato a giudizio dal gup e Montanino attendeva la celebrazione dell’udienza preliminare. Prosciolto dalle ipotesi di associazione camorristica e spaccio, Montanino era stato scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare derivanti da un vizio di forma eccepito dalla difesa. Veniva considerato uno dei responsabili dell’attività di smercio nella zona delle Vele di Scampia, il quartiere della città dove più radicata è l’attività dei «mercanti di morte». Di lui parla anche uno dei collaboratori di giustizia interrogati dal pm Giovanni Corona durante il procedimento, Gaetano Conte. Il processo sulle attività del gruppo malavitoso si sta svolgendo proprio in questi giorni a Palazzo di Giustizia. Non è un dibattimento facile, un altro pentito, Giovanni Migliaccio, dopo una iniziale collaborazione ha fatto marcia indietro ritrattando le dichiarazioni fornite in precedenza. La procura, anche in base ad alcune intercettazioni telefoniche, sostiene che la ritrattazione sia avvenuta a seguito di pressioni esercitate sul collaboratore per indurlo a tenere la bocca chiusa. Gli omicidi degli ultimi trenta giorni si aggiungono ora, e in maniera eclatante, agli interrogativi che circondano l’assetto malavitoso nella zona di Secondigliano. Anche perché in tutti questi anni il gruppo ritenuto capeggiato da Paolo Di Lauro si era sempre caratterizzato, nelle analisi della nostra intelligence, come una organizzazione che preferiva rimanere il più possibile sott’acqua, evitando agguati (con l’eccezione, secondo gli inquirenti, di una faida del ’97) che potessero aumentare l’attenzione delle forze dell’ordine sulle attività economiche del presunto boss, non a caso soprannominato «’o milionario». Il ripetersi di fatti di sangue può dunque rappresentare, ragionano polizia e magistrati, un cambio di strategia o anche un mutamento di equilibri. Quale che sia la chiave di lettura più esatta, il timore è che la stagione di morte non sia ancora terminata.


Br>IL MATTINO 29 OTTOBRE 2004

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