Home Politica Cantone a Repubblica delle idee: «La corruzione? Non ho poteri salvifici»

Cantone a Repubblica delle idee: «La corruzione? Non ho poteri salvifici»

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«Non c’è qualcuno che abbia poteri salvifici nè che abbia la bacchetta magica». Il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone interviene a Napoli, alla Repubblica delle Idee, replicando a chi lo ha chiamato «San Cantone». Il nodo è quello che, dopo lo scandalo Mose, Cantone ha evidenziato e ribadito: senza poteri io non posso fare niente. «La corruzione esiste in tutti gli Stati occidentali ed è molto difficile da prevenire», ha chiarito l’ex pm antimafia intervenuto anche sulla misura del Daspo anti-mazzetta: l’idea «è già nella legge Severino» e nel caso dell’Expo si dovrà tenere conto del fatto che «entro il primo maggio dell’anno prossimo i cantieri dovranno essere chiusi».
Per il Mose, invece, «è diverso perché non ha dei termini di conclusione, come la Salerno-Reggio Calabria – ragiona il commissario – ma per l’Expo non si può fare. Si potrebbero invece creare meccanismi per cui l’imprenditore non ottenga vantaggio dal reato». Cantone ricorda che «a Milano in un incontro in Camera di commercio Renzi disse che gli imprenditori che hanno pagato tangenti devono uscire dagli appalti dell’Expo, poi però le affermazioni si devono tradurre in norme giuridiche».
Cambiare la legge sugli appalti
«Se avessi carta bianca cosa farei? Riguarderei la legge sugli appalti». Non ha dubbi Cantone. In Italia abbiamo una «situazione paradossale»: «La legge sugli appalti, con tutti i suoi formalismi, si applica solo per i piccoli, perché sui grandi si va in deroga’. Invece è possibile avere una legge che regoli tutto senza deroghe».
Poi, ad una domanda sulla riforma della legge per il falso in bilancio, il presidente risponde: «Bisogna dire la verità: è stata voluta da alcuni pezzi dell’imprenditoria italiana. Non è stato solo Berlusconi».
Cantone ha anche commentato il recente pentimento di Iovine come un grande successo: «Iovine non era il rappresentante di quei casalesi che andavano a fare le estorsioni ma di quelli che rappresentavano l’ala imprenditoriale», ha aggiunto. Il suo pentimento, a giudizio di Cantone, «potrebbe aprire uno squarcio su quello cui, quando fai le indagini con i pentiti minori o con le intercettazioni, non arrivi mai. Perché intercetti il boss ma il politico o il grosso imprenditore colluso non lo intercetti quasi mai». (Articolo parzialmente estratto da corriere.it)

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