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AIUTIAMOLI A SALVARSI

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Aiutiamoli a fuggire. Aiutiamoli a salvarsi. Diamo una speranza ai ragazzi «difficili». Ha ragione Corrado Gabriele, intervistato pochi giorni fa da Repubblica, alla vigilia dei funerali di Sebastiano. «Tanti coetanei di quel ragazzino, per i quali l’occupazione di ogni giorno è la strada, vanno spinti ad estraniarsi, lontano dai loro paesi, lontano dai loro circoli e videopoker. Dobbiamo spedirli verso un’occasione di lavoro tra le tante offerte nel nord del Paese». Ben detto, assessore. Qui non c’è motivo per restare. Ce lo ricorda proprio Sebastiano, quel ragazzino ammazzato come un boss a quattordici anni. Ha poca importanza se sia rimasto vittima di una rapina o di una vendetta trasversale, se il colpo l’abbia tentato o subito. Quello che importa, in questa tonnara umana che è diventata la nostra terra, è l’età: l’età dei carnefici non meno di quella delle vittime. Segno che nell’hinterland che ha perso definitivamente l’innocenza la questione giovanile perde le caratteristiche già allarmanti di emergenza sociale, per assumere i connotati di un vero e proprio disastro civile. Non basta la tolleranza zero, perdio. Qui, i ragazzi difficili non hanno speranze. Colpa delle cause economiche ed ambientali radicate nell’enorme percentuale degli abbandoni scolastici, colpa del proliferare del lavoro nero, della bancarotta morale delle famiglie, del fallimento della scuola, del silenzio delle istituzioni. Colpa dello scenario, insomma. Lo stesso scenario nel quale viveva Sebastiano. Quello scenario che abbiamo raccontato e letto mille volte nella cronaca di ogni giorno di queste periferie- trincee. Non servono i manifesti di indignazione. Diamo, piuttosto, una speranza concreta ai cosiddetti ragazzi «difficili»: mandiamoli via da qui.

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