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DEL PRETE, AI FUNERALI NON C’ERA NESSUNO
Il Mattino del Venerdì 22 Febbraio 2002

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UN DELITTO
ANNUNCIATO
DALL’INVIATO A FRATTAMAGGIORE

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CLAUDIO COLUZZI
All’ingresso della chiesa di S. Rocco c’è il libro nero delle condoglianze. Quattro pagine di firme stentate, con grafia da scuola elementare, testimoniano quanto si nota alzando gli occhi verso la bara di Federico Del Prete. Ci sono solo un pugno di venditori ambulanti, oltre ai parenti, a salutarlo per l’ultima volta. Persone che a stento sanno riprodurre la loro firma, che hanno studiato poco e niente, che si alzano all’alba per caricare un furgone, fanno il mercato e poi smontano tutto. Ogni santo giorno. Lui, sindacalista scomodo, caparbio e tenace nel difendere i deboli, nemmeno da morto ha richiamato l’attenzione di sindaci, prefetti, questori, giudici, comandanti dei carabinieri, sindacalisti in giacca e cravatta e con il potere di sedersi ai tavoli di trattativa. Lui ha combattuto da solo, è stato ucciso da solo, ha lasciato il mondo senza nemmeno la solidarietà di quelle istituzioni cui si rivolgeva in ogni modo per chiedere giustizia. Non per sè ma per gli altri. Solo il consiglio comunale di Frattamaggiore ha dedicato un manifesto a lutto a Federico. E il senatore Novi ha con un comunicato ha ricordato che la «camorra dei mercati fu già denunciata in commissione antimafia».
«Io glielo dicevo, vuoi fare il sindacalista? Ma tu non lo sai fare come quelle che ci campano sopra. Chi te lo fa fare? Fatti i fatti tuoi, a te ti ammazzano». È lo sfogo del fratello maggiore Vincenzo. Piange a dirotto all’esterno della chiesa. Affianco a lui un venditore ambulante di Maddaloni: «L’ho conosciuto al mercato, veniva spesso. Si interessava dei problemi, rivendicava i nostri diritti. L’hanno ucciso per questo, non ci vuole certo la sfera di cristallo per capirlo».
All’interno la bara di Federico Del Prete, crivellato di colpi nel suo ufficietto di Casal di Principe, è ricoperta dai mazzi di fiori dei parenti. Aveva cinque figli, 7 fratelli, una famiglia numerosissima. Quella stessa famiglia che, insieme a pochi amici e agli iscritti al suo sidacato autonomo, ora riempe la chiesa di S. Rocco. Una chiesa piccola, eppure durante i 40 minuti scarsi della funzione religiosa resta con tanti, troppi banchi vuoti.
«Ora vi chiederete – dice don Franco Picone dall’altare -, ha fatto bene a fare così? A difendere i deboli con tutto il cuore? La risposta sembrerebbe no, visto che ora Federico è in questa bara. Ma nel Vangelo non è scritto : ”Fatevi i fatti vostri”. Nel Vangelo è scritto ”Aiutate i deboli” e lui lo faceva con il coraggio che a noi manca. Lo hanno lasciato da solo, anche ora le istituzioni lo lasciano da solo».
L’omelia assume un significato ancora più pregnante perchè a scandirla è don Franco Picone, parroco della Parrocchia di S. Nicola di Bari a Casal di Principe. Il parroco che ha preso il posto di don Peppino Diana, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 in quella chiesa. Sono trascorsi quasi 8 anni da allora e la camorra continua ad uccidere chi resta isolato nel lottare contro l’illegalità. Ma oggi la situazione è forse più grave di allora. Oggi c’è in più il silenzio, ci sono quelle assenze tra i banchi della chiesa di Frattamaggiore. Ieri non c’erano i sindaci, non c’erano i prefetti, non c’erano i giudici, non c’erano i sindacalisti veri. Non c’erano…

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