GIUGLIANO– Un filo nero lungo dieci anni. L’Agro e la spazzatura. Che i comuni del giuglianese fossero preda di una insanabile devastazione ambientale, lo si scoprì solo nel 1991. Nel febbraio di quell’anno l’autista Mario Tamburino rimaneva accecato e semiparalizzato dalle esalazioni dei 571 fusti di rifiuti tossici che da Cuneo traghettava in via Bologna, nelle campagne tra Villaricca e Qualiano. Un carico di veleni trasportato da Cuneo per conto di una ditta del Nord. Scoppia “Rifiutopoli”. E via a un susseguirsi di denunce, scoperte spaventose, turpi intrecci. Qui, tra Giugliano, Villaricca, Qualiano, Calvizzano, Marano, Lago patria, Aversa , nel corso degli anni sono stati sequestrati decine e decine di siti illegali di stoccaggio. Si tratta, in genere, di discariche illecite realizzate all’interno di ex cave per l’estrazione, spesso altrettanto illegale, di tufo e di pozzolana. Il meccanismo – spiegano alla Legambiente – è quello caratteristico del circuito economico dell’ecomafia: parte dal controllo sul territorio e sulle attività estrattive e conduce alla trasformazione delle cave in discariche per ogni sorta di rifiuti. Ne ricorderemo solo alcuni di questi sequestri (di quelli più recenti), simbolo di quel business che il nuovo volto della criminalità ha saputo ben radicare sul territorio. Aprile 1998: trenta fusti di bidoni tossici tra via Santa Caterina da Siena e via Verdi, alla periferia di Giugliano, vengono intercettati dalla compagnia locale di carabinieri. Settembre 1998: nelle campagne di Giugliano tra via Sorbe Rosse e via Spazzili vengono ritrovati circa trenta bidoni tossici colmi di solventi, qualcuno è vuoto. Agosto 2000: 150 taniche di sostanze velenose scoperte in località “Marchesino”. Settembre 2001: come anticipato dal nostro giornale, è sequestrata dal Noe (Nucleo operativo ecologico dei carabinieri) una mega discarica di rifiuti tossici alla periferia di Qualiano, in via Ripuaria. I camion carichi di rifiuti giungono, nelle ore notturne, in corrispondenza di buche che, dopo essere state riempite, vengono immediatamente coperte. I fanghi di depurazione e i rifiuti industriali liquidi, formalmente destinati a inesistenti impianti di depurazione e riciclaggio, sono più spesso sversati direttamente nel territorio.
Là dove l’agriturismo, o il turismo del vino trovano solo da poco un timido incoraggiamento, dove la campagna si raccomanda come fenomeno economico paesaggistico e come fonte di prodotti pregiati, “questi attentati al buon senso e al buon gusto meriterebbero – spiegano le organizzazioni in rivolta a Ponte Riccio – risposte più vincolanti di tante promesse”.