sabato, Luglio 19, 2025
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Balene e squali nel litorale domizio-flegreo, parla l’esperto: «Ecco cosa sta accadendo nel nostro mare»

Ha fatto molto scalpore l’avvistamento di quelli che, secondo un prima allarme, sembravano tre squali lungo il litorale Domitio. Poche settimane prima era stata la volta della balena spiaggiatasi al largo di Castelvolturno. Abbiamo chiesto al Prof. Roberto Minervini, docente universitario di biologia Marina e responsabile scientifico di Accademia Kronos, cosa sta accadendo nel litorale domitio.
Nato in Puglia nel 1950. Appassionato di natura fin dall’infanzia, decide di diventare biologo, specializzandosi in biologia marina.
Ha lavorato moltissimo all’estero e ha partecipato a progetti internazionali di sviluppo in paesi non industrializzati. È collaboratore di numerose testate di riviste specializzate e docente “indipendente” presso alcune Università italiane. La sua produzione letteraria è stata principalmente di tipo tecnico e comprende articoli scientifici e opere divulgative, ma si diletta da tempo nella scrittura di romanzi e racconti.

Secondo il prof. Minervini la presenza di cetacei di grosse dimensioni nel litorale domitio-flegreo rientra nel cosidetto fenomeno della migrazione Lessepsiana, già nota dal 1869.

Il fenomeno, che prende il nome dal progettista del canale di Suez, Ferdinand Lesseps. ha la sua origine proprio dalla realizzazione del suddetto canale.
Dalla apertura del canale, che ha unito il mar Rosso con il mar Mediterraneo, è iniziata la migrazione di diverse specie sia animali che vegetali,che hanno dato inizio alla tropicalizzazione del nostro mare.

Il prof. Minervini ha visionato il filmato che riprendeva l’avvistamento degli squali sul nostro litorale, rivelandoci che molto probabilmente si tratta di squali Carcharinus plumbeus della famiglia dei Carcharhidae o più comunemente conosciuto come “squalo grigio”
Secondo il professore Minervini questa ipotesi è la più plausibile, dato il comportamento gregario della specie ovvero lo spostamento in gruppo, le dimensioni della pinna e soprattutto il luogo dell’avvistamento.

Lo squalo grigio, difatti, nutrendosi prevalentemente di pesci piatti (razze e similari) predilige le coste sabbiose come il litorale Domitio.

“Gli avvistamenti di specie animali non autoctone sono notevolmente aumentate a seguito del recente ampliamento del canale di Suez che sta ulteriormente favorendo la tropicalizzazione delle specie animali e vegetali del nostro mare” – ha dichiarato il prof. Minervini.
“Sicuramente tale scelta ha portato dei vantaggi economici per le aree geografiche in prossimità del canale, ma alla distanza” dice il professore “tali scelte si riveleranno degli insuccessi, per tutte le altre zone,perdendo i benefici della scelta iniziale, che ha ritorni solo di ordine economico e commerciale”.
“Il mare è una via d’acqua e come tale deve essere rispettata e qualsiasi forzatura può rivelarsi dannosa per l’uomo. L’unico pericolo che corriamo è quello di alimentarci con le carni di questo animale che registrano una altissima concentrazione di mercurio, prevalentemente dovute all’inquinamento dei fiumi in prossimità di miniere di amianto come quelle abbandonate sul monte Amiata oppure per effetto delle attività delle stazioni geotermiche”.
Secondo il professore “ci sono anche altre specie animali come il pesce palla, di cui ormai si registrano ben sette specie nel nostro mare, che possono rappresentare un potenziale pericolo per l’uomo”.
Un ulteriore problema legato alla migrazione Lessepsiana è rappresentato dall’aumento di un grado centigrado della temperatura superficiale del mar Mediterraneo, che favorisce l’adattamento di specie animali e vegetali di origine tropicale, a discapito di quelle autoctone.
Per quanto riguarda invece l’avvistamento di balenottere comuni lungo le nostre coste, il professore Minervini ci dice che “nel nostro mare, si registra una presenza stabile di circa mille esemplari di questa specie che ha dispetto del nome, che induce ad immaginarla di piccole dimensioni, è difatti la terza classificata per mole in questa specie”.

Il prof. Minervini ha ritenuto opportuno chiarire alcuni aspetti che sono stati fraintesi. Gli argomenti infatti che riguardano il mare ed i suoi abitanti sono spesso complessi ed è facile cadere in fraintendimenti. Innanzitutto chiariamo che gli squali avvistati (dal filmato sembrano essere almeno tre) appartengono quasi certamente alla specie “Squalo grigio” (Carcharhinus plumbeus). Il “quasi” è d’obbligo in quanto l’identificazione si basa solo sulla forma della pinna dorsale e sul fatto che spesso è gregario e che, più di altre specie consimili, si spinge sottocosta e particolarmente lungo le spiagge sabbiose perché si nutre di pesci di sabbia, granchi, seppie, ecc. Questa specie è di origine del Mar Rosso–Indo–Pacifico e probabilmente è in aumento in Mediterraneo da quando, nel 1969, Ferdinando Visconte di Lesseps, riuscì a convincere l’emiro del Cairo ad aprire il Canale di Suez.
Lo Squalo grigio non è annoverato fra le specie pericolose per l’uomo, a meno che non è l’uomo a mangiare lui. Tutti i pesci di grande taglia del Mediterraneo infatti, ed in particolare gli squali, “accumulano” mercurio nelle loro carni. Il fenomeno è dovuto al fatto che il nostro mare “riceve” mercurio dalle attività industriali ed in particolare dalle vecchie miniere del Monte Amiata in Toscana e dalle attività geotermiche là in corso per produrre energia elettrica. I fiumi che discendono dall’Amiata raccolgono questo metallo (noto anche come “argento vivo”) e lo portano nel Medio Tirreno dove entrano in catena alimentare in pesci ed altri organismi. Il problema è molto grave perché se il pesce fa bene il mercurio può fare molto male (al sistema nervoso) a chi si nutre spesso di pesci molto contaminati. Ma, come succede all’uomo, si guarda troppo spesso al profitto immediato e quasi mai ai problemi che si generano soprattutto per il futuro.

Discorso diverso invece riguarda le balene, non so a quale specie appartengano quelle recentemente avvistate, ma è opportuno sapere che in Mediterraneo le balene sono di casa. Si è scoperto infatti abbastanza recentemente che circa un migliaio di Balenottere comuni vivono stabilmente nel nostro mare. E’ una bella scoperta considerato che, solo quarant’anni fa, era diffusa fra i biologi marini la convinzione che una balena o capodoglio rinvenuti in Mediterraneo fossero destinati a morire di fame. Le circa mille Balenottere mediterranee però, tanto per cambiare, sono perennemente a rischio a causa degli “speronamenti” da parte di navi e soprattutto aliscafi. Un urto con loro è quasi sempre fatale per questi giganti del mare che arrivano a sfiorare i trenta metri di lunghezza.
C’è pertanto da augurarsi che questa vitalità che il Mar Mediterraneo ancora manifesta sia di stimolo ad una mentalità “balneare” ad approfondire e cercare di capire cos’è il mare, un elemento che noi abbiamo banalizzato, dai tempi di Giasone ad oggi, a mera via d’acqua per i nostri traffici. Il mare è molto molto di più e solo una sua maggiore conoscenza può aiutare a salvarlo da un malinteso e spesso pretestuoso senso del progresso.