Le tre sedie in ferro battuto
di colore nero guardano
verso la distesa collina dei
Camaldoli – si legge su Metropolis – I carabinieri
le trovano lì, sull’ampio
terrazzo di guaina grigio
perla bagnato dalla pioggia
caduta ore prima, adagiate sul rettangolare tavolo
di vetro. Nella mansarda
diroccata che affaccia sulla prateria di castagni e
pioppi non c’è anima viva.
Il religioso silenzio di quel
rifugio lontano dal mondo
e da occhi indiscreti è spezzato solo dall’elicottero dei
militari dell’Arma alzatosi
sulla zona a mo’ di vedetta.
È la mattina di Natale. E
Marco Di Lauro, il boss
dell’omonimo clan ormai
in fuga da undici anni, è
ancora latitante. Il 36enne,
che ha ereditato dal padre
Paolo il comando di una
delle «famiglie» di camorra
più temute del panorama
malavitoso napoletano, è
riuscito a fuggire di nuovo.
È riuscito a scampare per
tempo al blitz dei carabinie-
ri di Napoli che speravano
nell’impresa. I carabinieri
perlustrano la casa, fanno
l’inventario degli oggetti
(pochi) presenti nei locali.
Annotano. Provano a
capire quale sarà la prossima mossa di quel ragazzo
che s’è dimostrato più furbo
del fratello maggiore Cosi-
mo – al quale il padre Paolo
aveva messo in mano le redini del comando e che ha
portato alla distruzione dei
Di Lauro come unico e saldo
«blocco monolitico». Marco Di Lauro è
andato via dal covo sulla
Collina dei Camaldoli senza fretta. Le tre sedie coi
cuscini bianchi adagiate al
tavolo con accuratezza e lo
stato di ‘abbandono’ della
mansarda sono il chiaro
segnale che nessuno degli
occupanti dell’alloggio è
stato colto alla sprovvista.
Non stavolta. Né sono state
trovate botole segrete o nicchie nascoste. La mansarda
è stata passata palmo a
palmo. Per evitare la beffa –
che brucia ancora – di quasi
dieci anni fa. Quando le forze dell’ordine mancarono la
cattura di Marco Di Lauro
perché, una volta individuato il nascondiglio del boss
e una volta proceduto alla
perquisizione dei locali, non
ci si accorse dell’esistenza di
uno «scrigno» ove Marco Di
Lauro se ne stette in apnea
per tutto il tempo del blitz.
Stavolta nulla è stato tralasciato. Ma stavolta Marco
Di Lauro aveva già tagliato
la corda. Di nuovo. E sullo
sfondo resta quella dolo-
rosa sensazione che forse
il 36enne goda dei buoni
uffici di qualche ‘gancio’
in grado di consentirgli di
conservare la libertà.