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Il business dei baby-boss: 29 arresti
IL ROMA DEL 9 FEBBRAIO 2006


NAPOLI. Un blitz in forze portato a termine per
bloccare sul nascere una nuova guerra di camorra
tra i Di Lauro e gli “scissionisti”. Il tutto
per il controllo della “piazza di spaccio” di
Melito, dove le due cosche non si sono mai
messe d’accordo veramente e dove si sono verificati
gli ultimi omicidi della faida prima dell’intervento
diretto del padrino Paolo Di Lauro,
arrestato a settembre scorso proprio perché
era tornato a Napoli. Così circa 800 carabinieri,
del comando provinciale di Napoli e
del reparto territoriale di Castello di Cisterna,
hanno messo fine alla riorganizzazione del
business droga a Melito, controllato dai luogotenenti
dei Di Lauro, che prendevano ordini
direttamente dal baby-boss Salvatore Di Lauro
“’o compariello”, figlio del “milionario”, che
ha compiuto 18 anni l’altro giorno, e dai fratelli
Venosa, referenti diretti degli “scissionisti”,
in particolare di Giacomo Migliaccio “’a
femmenella”. I militari dell’Arma, all’alba di
ieri, hanno letteralmente circondato i rioni di
Secondigliano, Scampia e Melito in cui abitano
i 34 personaggi appartenenti alle due
consorterie criminali destinatari del decreto
di fermo emesso dai magistrati della Dda di
Napoli, Franco Roberti e Luigi Alberto Cannavale,
e dal magistrato della Procura dei Minorenni,
dottoressa Luciana Izzo, in quanto
nell’inchiesta sono coinvolti anche due minorenni.
In manette sono finiti 29 personaggi,
in prevalenza giovanissimi, tra cui i fratelli
Francesco e Giovanni Venosa e Salvatore Di
Lauro. L’altro Di Lauro libero, Nunzio, 20enne,
detto “Nunziello”, è latitante, così come
Giuseppe Candido “capucchione”, Vincenzo
Del Re “’a pacchiana”, Pasquale Fabricino e
Diego Leone. Altri personaggi, tra cui i fratelli
Francesco e Luigi Amato, non imparentati
con Raffaele Amato “’o Lello”, leader degli
“scissionisti”, che sono detenuti e che sono
stati intercettati in carcere mentre impartivano
ordini al cognato Edoardo Napoletano.
Gli Amato non hanno mai preso posizione durante
la guerra di camorra, anche perché erano
già in carcere, ma sono sempre stati vicini
ai Di Lauro, anche se avevano anche contatti,
tramite il cognato, con i fratelli Venosa.
Le indagini, durate in tutto quasi un anno,
hanno delineato i ruoli che ogni indagato aveva
all’interno dei due gruppi di spacciatori. Gli
“007” dell’Arma si sono avvalsi sia di intercettazioni
ambientali, con le “cimici”
piazzate soprattutto nelle
auto dei giovani malviventi, che
dei riscontri sul territorio con vari
arresti e diversi sequestri di
“roba”. In manette è finito anche
Pietro Esposito, solo omonimo
del pentito “Kojak”, personaggio
dei Di Lauro che si occupa soprattutto di traffico
di armi da guerra (ne scriviamo in dettaglio
nell’articolo in basso a sinistra). Alle indagini
ha preso parte anche la Guardia di Finanza,
che si è occupata dell’aggressione dei
patrimoni dei vari personaggi indagati. In particolare
sono stati sequestrati beni mobili per
un valore di oltre un milione di euro. Si tratta
di automobili di lusso, moto di grossa cilindrata,
ma anche di costosissimi orologi Rolex
e anche denaro contante. Beni nella disponibilità
dei giovani coordinatori dello spaccio
che guadagnavano oltre 500 euro a settimana.
Un dato che è stato sottolineato dagli
inquirenti nel corso della conferenza stampa
in Procura, dove erano presenti, tra gli altri,
anche il procuratore nazionale antimafia Piero
Grasso, Lucio di Pietro della Dna , il procuratore
Minorile Luciana Izzo, il colonnello
Maruccia, comandante provinciale dei carabinieri,
e il colonnello Della Volpe, comandante
provinciale della Guardia di Finanza.


GIOVANNI COSMO




«Qui i pusher guadagnano 500 euro a settimana»




NAPOLI. «Le operazioni di polizia durano
solo per un certo tempo, è risaputo. E in
particolare voler liberare Scampia dagli
spacciatori solo con le operazioni di polizia
è un po’ come voler svuotare il mare
con un canestro, ma dobbiamo comunque
farlo». Per Piero Grasso, procuratore
nazionale antimafia, l’operazione
portata a termine ieri dai carabinieri
e dalla Guardia di Finanza, sotto il
coordinamento della Dda di Napoli, è solo
un momento di una fase che ha bisogno
di un intervento, di uno sforzo di tutte
le istituzioni. È arrivato a Napoli come
tre mesi fa in un’occasione speciale,
l’ennesimo azzeramento dei vertici del
clan Di Lauro e di quello degli “scissionisti”.
Ha voluto essere presente per ribadire
che la Dna tiene in considerazione
la situazione napoletana. E con sé
ha portato anche il suo vice, il procuratore
Lucio Di Pietro, profondo conoscitore
della camorra. «Dobbiamo avviare
un processo di legalizzazione che veda
l’intervento di tutte le istituzioni – continua
Grasso -. Quando i giovani che non
riescono a trovare un lavoro legale arrivano
a guadagnare più di 500 euro a settimana
spacciando droga è difficile
bloccare il fenomeno. E così sempre più
giovani, ma anche minorenni, cadono
nelle grinfie della camorra. È banale dire
che c’è bisogno di creare più opportunità
di lavoro per i giovani che escono
dalla scuola e dall’Università ma è così.
Comunque da parte nostra garantiamo
che continueremo a monitorare questo
intervento di bonifica».
Poi il procuratore Grasso è passato ad
analizzare il fenomeno camorra, soprattutto
quella degli ultimi anni. «La
camorra a differenza di Cosa Nostra non
riesce a darsi una unità. Non esiste, per
esempio, un Provenzano della camorra
perché le tante famiglie, oltre cento, che
controllano il territorio sono abbastanza
magmatiche. Le alleanze sono fragili
e destinate a durare poco. Insomma,
tutti cercano di coltivare i propri affari
cercando, ove è possibile, di non invadere
il territorio altrui. Solo in passato,
e vado con la mente all’organizzazione
creata da Raffaele Cutolo, c’è stato un
tentativo di creare una camorra verticistica
e sappiamo come è andato a finire
».
La camorra è più difficile da combattere
perché così frastagliata, e lo conferma
il fatto che dopo ogni “mazzata”
inferta da magistrature e forze dell’ordine
riesce sempre a riorganizzarsi e a
rinascere dalle proprie ceneri.


GIOVANNI COSMO






IL PERSONAGGIO. Pietro Esposito nascondeva un micidiale arsenale,poi sequestrato

L’armiere che girava con la pistola di Lupin



NAPOLI.
È l’armiere dei Di Lauro, uno “specialista”
nel traffico di micidiali armi da guerra, con
alle spalle numerosi precedenti specifici. E il
31 maggio scorso, quando era in atto la seconda
fase della guerra tra “dilauriani” e “scissionisti”,
quella per il controllo della “piazza di
spaccio” di Melito, era in possesso di un vero e
proprio arsenale, con tanto di kalashnikov e
giubbotti antiproiettile (nella foto il sequestro).
Ma gli “007” dell’Arma, che già lo stavano tenendo
d’occhio, piombarono in via Cupa dell’Arco
e sequestrarono la santabarbara prima
che potesse arrivare al gruppo di fuoco dei Di
Lauro. Secondo i magistrati della Dda di Napoli
e i carabinieri di Castello di Cisterna quelle armi
erano nella disponibilità di Pietro Esposito,
32enne, solo omonimo del pentito “Kojak”. Ad
incastrare il malvivente ci sono una serie di intercettazioni
ambientali e telefoniche nelle
quali l’uomo fa riferimento esplicito a giubbotti
antiproiettile e una serie di armi e proiettili,
“roba nuova per 10mila euro”. Tra le armi sequestrate
c’era anche una pistola particolare,
“quella di Lupin”, che Esposito usava personalmente.
Ecco una stralcio della conversazione
che Esposito ebbe con Antonietta D’Angelo
nella sua auto il 17 giugno scorso.
Antonietta: «Chi fa la spia?».
Pietro: «Su questo fatto, ci ho pensato pure io».
Antonietta: «Eh…».
Pietro: «Il giubbino antiproiettile, mamma
mia, un milione ognuno, dentro la incompr…sopra
all’asta, io lo tengo, dentro… 10, e pure l’altra
volta si presero assai roba, ci presero i coltelli,
4 coltelli, 3 nove per 21, due 38, la pistola
di Lupin che tenevo… una luger… una 7.65, poi
2.000 botte (munizioni) incompr… sette giubbini
antiproiettili, e ci comprarono altra roba…
ci comprarono due pistole nuovamente, e se lo
presero nuovamente, poi abbiamo comprato
questa roba , nuova per 10.000 euro».
Antonietta: «Ma qua dentro incompr…».
Pietro: «E si sono presi pure questo».
La mattina del 31 maggio i carabinieri della
compagnia Stella misero le mani su otto pistole,
una bomba a mano, sei giubbotti antiproiettile,
un binocolo a infrarossi, quattro mitragliatori
(tra cui tre kalashnikov) e migliaia
di proiettili di diverso calibro.


[GIOCO]






SCONTERÀ AI DOMICILIARI IL RESTO DELLA PENA

Torna a Secondigliano Gaetano Marino:
è il fratello del ras degli “scissionisti”





NAPOLI. Torna a Secondigliano, nella sua
abitazione e lì sconterà il resto della sua
pena. Si tratta di Gaetano Marino (nella
foto), fratello maggiore del presunto
boss degli scissionisti di Paolo Di Lauro,
Gennaro Marino al secolo “Mekkay”,
quest’ultimo detenuto proprio perché imputato
per associazione camorristica. Marino
fa ritorno a casa dopo essere stato ristretto
presso una comunità terapeutica
a Taranto. Il giudice della seconda Corte
d’Appello, De Bernardiis, ha sposato in
pieno la tesi del penalista napoletano Luigi
Senese. L’avvocato è riuscito a dimostrare
la non pericolosità del suo assistito
e per questo ha ottenuto quanto sperato.
A carico di Gaetano Marino, 41enne,
fu emessa il 18 giugno del 2005 un’ordinanza
di custodia cautelare, eseguita
dai carabinieri del Nucleo operativo di
Castello di Cisterna. Marino si trovava in
una casa in costiera
Amalfitana. Era
il periodo più
cruento della faida
tra il clan Di Lauro
e gli “scissionisti” e
così il congiunto
del ras aveva preso
in affitto per qualche
giorno una
stanza in un albergo a Massalubrense, accompagnato
da un guardaspalle con funzioni
anche di “maggiordomo”. L’uomo infatti
ha perso le mani nel 1987 a 23 anni
per lo scoppio di un petardo, furono arrestati
entrambi per detenzione di cocaina,
trovata in notevole quantità. Gaetano
Marino, residente a Napoli alla IV
traversa di via Limitone di Arzano, tornerà
dunque a Secondigliano.


FABIO POSTIGLIONE






Salvatore, padrino già a 17 anni




NAPOLI.
Aveva compiuto 17 anni da
poco quando fu arrestato il fratello
Cosimo, il capo carismatico della cosca.
Così Salvatore Di Lauro, meglio
conosciuto come “’o compariello”,
per un periodo ha condiviso il potere
con i fratelli Marco e Nunzio. Ma
già si capiva che chi aveva le capacità
di portare avanti la cosca era
proprio lui, nonostante fosse il più
piccolo. La circostanza viene fuori
più volte dalle conversazioni dei
“guaglioni” intercettate dagli “007”
in cui si fa riferimento ad ordini categorici
dell’allora 17enne impartiti
agli organizzatori dello spaccio a
Melito: “il masto di tutto quanto vuole
fare lavorare i guaglioni anche la
mattina”. Salvatore Di Lauro ha
compiuto 18 anni il giorno prima di
essere ammanettato nella sua abitazione
di via Cupa dell’Arco, dove
viveva con la madre e altri quattro
fratelli più piccoli. Gli viene contestato
di essere “capo e promotore”
dell’organizzazione smantellata ieri
dai carabinieri. «È il boss per eredità
diretta – ha detto il pm della Dda
Cannavale nel corso della conferenza
stampa in Procura – ma nonostante
la sua giovane età era già in
grado di manovrare i meccanismi
delle “piazze di spaccio”».
L’altro fratello libero, Nunzio, che
per un lungo periodo si era tenuto
fuori dagli affari di famiglia, ha dovuto
per forza di cose “rimboccarsi
le maniche” dopo la cattura del padre
a settembre scorso e per un periodo
ha governato con Salvatore.
Ieri i carabinieri non l’hanno trovato
a casa ed ora è latitante, così come
altri quattro “guaglioni”. Della
famiglia di “Ciruzzo ’o milionario”
ora in libertà resta solo Nunzio, a
parte gli altri quattro tra fratelli e
sorelle in età infantile. Il fratello
maggiore Cosimo, il “signore della
guerra”, è stato arrestato nel rione
dei fiori di Scampia il 21 gennaio
dello scorso anno, nel pieno della
faida con gli “scissionisti”. Vincenzo,
30enne, personaggio molto carismatico,
vero braccio destro del padre,
fu catturato a Chivasso il 1°
aprile del 2004, era latitante dal
2002. Ciro, 27enne, il “ragioniere”,
l’affarista del gruppo, fu catturato
nel maxi-blitz del 7 dicembre del
2004. Marco, invece, è ancora latitante
ed ora dovrà gestire il business
di famiglia assieme a Nunzio e
assieme ai fedelissimi, tra cui anche
alcuni “colletti bianchi” amici del
padre. Un altro figlio di “Ciruzzo ’o
milionario”, che non aveva niente a
che fare con la camorra, morì tragicamente
in un incidente con la moto
il 10 maggio del 2004.

GIOVANNI COSMO







LE INTERCETTAZIONI |
Pietro Esposito e un certo “Tonino”sponsorizzano la riapertura di via Danubio regalando dosi di droga

Davanti al Sert per pubblicizzare una nuova “piazza”



NAPOLI.
Quale miglior modo per pubblicizzare
l’apertura di una nuova “piazza” di
spaccio se non davanti ai locali del Sert di
Aversa? L’idea era venuta a Pietro Esposito
e ad un certo “Tonino”. Avevano pensato di
sponsorizzare la “riapertura” di via Danubio,
chiusa durante la guerra con gli scissionisti.
E per convincere i tossicodipendenti che
la roba era buona regalavano anche dosi di
eroina e di kobret ma solo per chi poi in futuro
avrebbe portato degli amici a spendere
da loro. In particolare il fatto emerge da
una intercettazione ambientale tra Pietro
Esposito, tale Tonino ed un tossicodipendete
incontrato per strada e salito a bordo
della loro auto.
Tonino: «Ma che ti fai la roba tu?».
Tossicodipendente: «Si come no».
Tonino: E che ti fai la cocaina? Il kobret?.
Esposito: E dagli un pezzo (rivolgendosi al
passeggero tonino, ndr)
Tonino: Compà noi teniamo la piazza a Melito,
di kobret ed eroina, perciò stiamo andando
fuori al Sert.
Tossicodipendente: Ah ed a Melito, ma a
che parte?.
Esposito: Dove sta la “Coscia e Borrelli”
(succursale di auto Fiat; ndr) nelle palazzine
della 219, quelle dove sta il cimitero.
Tossicodipendente: vicino alla rotonda?.
Esposito: Sì, vicino alla rotonda
Tossicodipendente: Ed avete aperto ora?.
Esposito: Sì abbiamo aperto ora.
Tonino: Dai un po’ di voce, vieni là e non
ti preoccupare che ti facciamo il regalo.
Tossicodipendente: Sì, i compagni miei fumano
tutti quanti non ti preoccupare.
Esposito: Tu mandali là, e poi quando veniamo
a te che vieni da noi, noi ti facciamo
il regalo, ok.
Tossicodipendente: Dove sta la rotonda alla
prima palazzina.
Esposito: Bravo alla prima palazzina, appena
entri di fronte che c’è la Madonna.
Tonino: mandaci i clienti e non ti preoccupare
basta che ti fai vedere ed hai il regalo.


[FAPOS]







Cancellate con una feritoria: il sistema
per non essere riconosciuti dai tossici


NAPOLI
. Avevano escogitato un sistema che non permetteva di essere
riconosciuti da nessuno. Delle cancellate in ferro con una piccola
feritoia da dove i tossicodipendenti ricevevano la dose senza aver modo
di vedere chi ci fosse dall’altro lato. Per il pubblico ministero della Dda,
Luigi Alberto Cannavale, questo era un sistema nuovo, quasi innovativo.
«Avevano pensato a tutto – ha spiegato nel corso della conferenza
stampa – Spacciavano da dietro una grossa cancellata in ferro pieno
nella quale c’era solo un piccola feritoia. I tossicodipendenti mettevano
i soldi e ricevevano la droga. In tal modo se venivano fermati dalle forze
dell’ordine non avevano la possibilità di riconoscere chi gli aveva
venduto la dose – continua il pubblico ministero che ha condotto le
indagini – In questo modo riuscivano spesso a farla franca». Nella zona
dove è avvenuto il blitz dei carabinieri, si era impiantata una vera e
propria “centrale” dello smercio. «Si vendeva eroina e cocaina – spiega
Cannavale – ma c’era chi si riforniva anche di droghe sintetiche come il
Kobret, il crack e l’ecstasy», ha concluso il pm.




IL ROMA GIORNALE DI NAPOLI 9 FEBBRAIO 2006