Home Cronaca È del killer di Siani il night dello scandalo

È del killer di Siani il night dello scandalo

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GIUGLIANO. Il proprietario occulto della discoteca
“La Villa” è Gaetano Iacolare, boss
del clan Nuovoletta e killer del giornalista
Giancarlo Siani. A dirlo sono i magistrati
della Dda che in un altro procedimento a carico
del ras lo indicavano come «il reale titolare
del locale di Varcaturo che avrebbe
voluto vendere ai “giuglianesi” proprio perché
creava solo problemi». Accanto a lui,
l’altro gestore occulto sarebbe stato Giuseppe
Gala altro referente del boss Nuvoletta.
Balzano agli occhi dei pubblici ministeri le
investigazioni che si erano precedentemente
fatte sul conto di Iacolare e Gala e la
circostanza che proprio i due fossero i gestori
occulti della discoteca, locale questo al
centro delle inchiesta che due giorni fa ha
portato al fermo di otto tra agenti di polizia
municipale e impiegati comunali, potrebbe
cambiare ulteriormente le carte in tavola. Gli
indagati saranno interrogati comunque nelle
prossime ore. Sono gravemente indiziati
di corruzione aggravata e falso per soppressione.
Vincenzo Alfiero, di 61 anni, Carmine
Carbone, di 51, impiegato comunale, Giovanni
De Vivo, di 52, impiegato comunale
e segretario cittadino dei Ds, Armando Del
Prete, maresciallo dei carabinieri in servizio
presso la compagnia di Giugliano, di 48 anni,
Giacomo Gala, di 29anni, Umberto Nannini,
comandante della polizia municipale
di Giugliano, di 60 anni, Ciro Testa, di 52,
impiegato comunale, Vincenzo Vitiello, vice
comandante della polizia municipale, di
53 anni, sono le persone finite nel mirino
della magistratura per una sorta di reati
commessi tra il 1996 ed il 2001, e per presunte
connivenze con esponenti del clan camorristico
dei nuvoletta. A quanto pare infatti,
gli indiziati avrebbero consentito l’attività
della nota discoteca giuglianese “La
Villa”, gestita da parenti dei Nuvoletta, per
quanto quel locale non avesse nessun requisito
a norma di legge. Nei confronti di
Alfiero, Del Prete, Gala, Nannini, Testa e Vitiello
è stata disposta la misura cautelare della
custodia in carcere; arresti domiciliari, invece,
per Carbone e De Vivo. Altre persone
sono state invece indagate a piede libero, e
per loro, ancora aperta la prima fase delle indagini,
le stesse che hanno portato alla scoperta
del giro di corruzione stretto attorno
agli altri funzionari. Un milione e mezzo di
vecchie lire «pagati una tantum» col contorno
di un pc portatile e di un avveniristico
cellulare, di un posto di lavoro per il figlio
del maggiore Nannini e, poco più, 5 milioni
di lire e un orologio, per tirarci dentro
anche un sottoufficiale dei carabinieri. Questo
il prezzo pagato dalla “mala” perché le
forze dell’ordine chiudessero un occhio per
impedire o almeno ritardare la chiusura di
un locale, “La Villa”, uno dei più gettonati
del territorio, immediatamente all’uscita di
Varcaturo. Subito dopo gli arresti, la casa comunale,
il comando di polizia municipale
e la stessa compagnia dei carabinieri di Giugliano,
si sono inabissate in un comprensibile
silenzio. I commenti, misurati e contenuti,
da destra a sinistra, dai piani più bassi
a quelli più alti del palazzo di vetro, sono
corsi lungo gli stessi binari. Attendere
che la giustizia faccia il suo corso, e sperare
che le accuse mosse ai personaggi di spicco
della vita locale non trovino riscontro.
Grande fiducia dunque nei magistrati che
gestiscono il caso, grande fiducia nella celerità
dei tempi, ma nel frattempo, anche
grande preoccupazione. Ieri mattina, lo
spettro di una giustizia che piomba all’improvviso
a presentare il conto per gli errori
commessi, aleggiava in corso Campano. I vigili
erano regolarmente a lavoro, nella casa
comunale un intenso via vai di consiglieri
e assessori, lungo le strade, il solito anonimo
caos, Giugliano si era svegliata sapendo
e sottacendo che i riflettori della legge gli
erano puntati addosso in maniera imbarazzante.
Eppure, qualcuno commentava che
l’operazione messa a segno l’altra mattina,
era solo l’inizio di una fase che avrebbe svelato
magagne e ingiustizie, c’era chi invece
replicava che certe accuse vanno dimostrate
prima di far scattare un’operazione che
inevitabilmente compromette l’immagine di
un’intera città. Ma tra ipotesi e pareri contrastanti,
resta il fatto che solo gli interrogatori
cui verranno sottoposte le persone fermate,
probabilmente consentiranno di fare
un passo avanti verso la verità. Ma mentre
dai piani alti della politica arriva l’invito del
senatore Florino a commissariare Giugliano
per l’evidente corruzione che riguarda i suoi
vertici amministrativi, il Sindaco replicava
che era normale che in un clima infuocato
come quello attuale, è troppo semplice puntare
il dito contro la parte più debole. Ma lo
stesso sindaco invitava: «Commenti e giudizi
solo dopo che la legge avrà fatto il suo
corso. Personalmente non mi sottraggo ai
miei doveri di primo cittadino, ma neppure
voglio rispondere di accuse nelle quali
non mi riconosco. Sono fiducioso nella giustizia
e attendo al più presto risposte da dare
anche alla mia città. La verità verrà fuori,
e se ci sono dei colpevoli, allora è giusto
che paghino». Ma mentre il Sindaco continua
a destreggiarsi tra gli inevitabili “sciacalli”
e confortevoli sostegni, una città anche
stamattina, si è svegliata all’ombra di
uno spettro, quello temibile della corruzione,
che inevitabilmente, a prescindere dall’esito
delle indagini, rende davvero aleatorio
il confine tra la costituzionalità e l’incostituzionalità
di un paese che non sa da che
parte stare o a chi credere. Intanto, le indagini,
coordinate dai sostituti procuratori della
direzione distrettuale antimafia Paolo Itri
e Raffaella Capasso, proseguono, a Giugliano
sovrano, continua a regnare il silenzio, su
Giugliano imponenti, continuano a piovere
accuse diffamanti benché ancora tutte da
dimostrare.

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MONICA D’AMBROSIO – IL ROMA 16 FEBBRAIO 2006

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