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La strage che cambiò Paolo Di Lauro: da giovane del sistema a Ciruzzo il Milionario

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Con l’eliminazione di Aniello La Monica, Paolo Di Lauro pensava di aver in mano le redini del clan ma non aveva fatto i conti con la sete di potere di Antonio Ruocco.
Di Lauro e Ruocco erano i più influenti all’interno della cosca guidata da Aniello o’ pazzo ma il Milionario era considerato un po’ da tutti l’erede anche in virtù del patto di ferro con Raffaele Prestieri.
Ruocco sapeva che per indebolire Di Lauro doveva colpire i Prestieri e così organizzò l’agguato del 18 maggio del 1992, passato alla storia criminale come la strage del Bar Fulmine.

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Ad eseguire la strage – come raccontato dai pentiti e ricostruito dagli inquirenti – Ruocco arriva con un comando di otto uomini al bar Fulmine di Secondigliano: con mitra, pistole, fucili a pompa e bombe a mano uccidono cinque persone. Fra loro c’è Raffaele, il fratello maggiore di Maurizio, il capo. C’è anche Rosario, l’altro fratello (foto di Voce di Napoli).

La strage del Bar Fulmine non sarebbe mai stata possibile senza la fattiva collaborazione di Rocco Capuozzo, che aveva fatto da ‘specchiettista’ ed avvisato il commando della presenza nel bar del quartiere dei fratelli Prestieri. Doveva essere la riscossa di Ruocco ed invece fu la scossa che diede il via all’azione sanguinaria di Paolo Di Lauro che si arrestò solo dopo aver eliminato tutti i nemici.

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