«Non ero lì, io sono innocente». È quanto ha riferito Bilomante Maikon Halilovic, 20 anni, uno dei due rom accusati dello stupro di due 14enni a Roma, parlando con il suo avvocato Emanuele Fierimonte. Oggi sono in programma gli interrogatori di garanzia. E Halilovic, che secondo l’accusa avrebbe aiutato Mario Seferovic a sequestrare e stuprare le due ragazzine, ha già svelato la sua strategia difensiva: «Non ero lì».
I due rom del campo di via di Salone, nella periferia est di Roma, sono accusati di volenza sessuale di gruppo. Nel maggio scorso avrebbero attirato in una trappola le due ragazzine, poi legate e violentate. Per mesi Seferovic, che su Facebook si fa chiamare “Alessio il Sinto” ha mandato messagig di minacce alle due ragazzine, dice l’accusa, per fare tacere sulla violenza.
Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e restano in carcere. L’atto istruttorio nel carcere di Regina Coeli è durato pochi minuti. Seferovic resta in cella assieme al complice Maikon Halilovic.
«Mio fratello non può aver fatto quelle cose, è tutto falso». Scuote la testa, continua a ripetere «non è vero, non è vero». Distoglie lo sguardo quando sente ripetere quello di cui è accusato il fratello: stupro e sequestro di due quattordicenni. È ancora sconvolto. Lo chiameremo Luca ed è uno dei cinque fratelli di Mario Seferovic, conosciuto sui social network come Alessio il Sinto, il ventunenne bosniaco accusato dello stupro delle due quattordicenni.