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MARANO, I CANONI IDRICI VANNO PAGATI

MARANO – I canoni idrici vanno pagati. Lo stabiliscono i provvedimenti emessi dal giudice di Pace per il comune di Marano e dal Tar per quello di Giugliano. Il giudice di Pace dà ragione al Comune di Marano, le bollette dell’acqua sono regolari e vanno pagate. Dopo le polemiche dei mesi scorsi e la guerra di manifesti con l’opposizione consiliare, la sentenza del giudice pone fine al contenzioso. Nessuno scampo per i contribuenti che contestavano i conti notificati per gli anni compresi tra il ’92 e il ’97: la richiesta del comune è legittima, non è affatto prescritta ed è determinata in maniera giusta.
«Chi pretende di non pagare l’acqua è fuorilegge. Lo stiamo ripetendo da una vita: si tratta di ostruzionismi e speculazioni politiche che non hanno fondamento – dice il sindaco Mauro Bertini -. Si correva il rischio di tornare indietro a quando le tasse le pagavano in pochi e lo sperpero del denaro pubblico per clientele ed affarismi portò al dissesto finanziario dell’ente». Dopo la sentenza, passa la linea dura: nessuno sconto per i morosi, dovranno pagare gli arretrati con tutti gli interessi. Allo scopo il comune ha già avviato le procedure per i decreti ingiuntivi ed eventuali pignoramenti. Il Comune vanta crediti, tra il ’92 e il ’97, per 10 milioni di euro. Di questi finora sono stati incassati meno della metà, evidenziando un tasso di evasione del 65%. La sentenza del giudice di Pace, depositata venerdì, arriva in seguito al ricorso presentato il 31 dicembre ’99 da 41 cittadini che chiedevano «l’accertamento negativo di pagamento del canone idrico». I ricorrenti sostenevano che il Comune aveva chiesto il pagamento dei canoni senza tener conto dei consumi reali e senza la verifica dei contatori. Richiesta bocciata dal giudice che ha approvato le tariffe calcolate su un consumo minimo per le normali condizioni di vivibilità. Per le acque reflue, invece, passano le tariffe per le quali l’Amministrazione si limita ad applicare atti predisposti da altri enti (Regione, Cipe).
La situazione non è meno complessa a Giugliano. In seguito al ricorso presentato da Eniacqua, tramite il quale si chiedeva un’ingiunzione di pagamento, il Tar ha riconosciuto una posizione debitoria del comune di oltre 6 milioni di euro, di cui 5 per l’acqua potabile e 7 per le reflue. Dal Comune contestano il conto di quest’ultimo addebito che non terrebbe conto di prescrizioni e disservizi alla rete. In attesa del provvedimento del Consiglio di Stato, però, ci si attrezza per recuperare i soldi e versare la differenza. L’obiettivo del commissario prefettizio, Bruno Pezzuto, è recapitare gli avvisi di liquidazione entro natale. Si fa la corsa contro il tempo per notificare le cartelle prima che cadano in prescrizione gli ultimi due mesi del ’97. Intanto si cerca anche un accordo con l’Eniacqua per rateizzare l’importo di 2.5 milioni di euro circa. Per la riscossione dai residenti negli anni si sono accumulati grossi ritardi: le acque reflue non sono mai state riscosse, l’acqua potabile è stata notificata fino al ’97.


TONIA LIMATOLA – Il Mattino 12 novembre 2002










il comunicato stampa del comune di Marano



COMUNE DI MARANO DI NAPOLI – COMUNICATO STAMPA
Oggetto: IL GIUDICE DI PACE DA’ RAGIONE AL COMUNE. LE BOLLETTE DELL’ACQUA SONO REGOLARI E VANNO PAGATE, SCATTANO I DECRETI INGIUNTIVI. BERTINI: «COME VOLEVASI DIMOSTRARE, AVEVAMO RAGIONE NOI. INUTILI LE POLEMICHE POLITICHE»

«Lo stiamo ripetendo da una vita: si tratta di ostruzionismi e speculazioni politiche che non hanno fondamento. Abbiamo applicato le tariffe minime, con tutte le forme di dilazione del pagamento possibili e immaginabili. Chi pretende di non pagare l’acqua è fuorilegge e vorrebbe tornare a quel passato che tanti danni ha prodotto alla nostra città, quando le tasse le pagavano soltanto in pochi e lo sperpero del denaro pubblico per clientele ed affarismi portò al dissesto finanziario dell’ente. Ora non ci sono più alibi e chi non ha pagato finora ha perso ogni possibilità di agevolazione: dovrà pagare gli arretrati con tutti gli interessi. Abbiamo già avviato le procedure per i decreti ingiuntivi e per gli eventuali pignoramenti».

Il commento del sindaco Mauro Bertini è eloquente. Dopo le polemiche dei mesi scorsi, dopo la guerra a colpi di manifesti e carta bollata, dopo i ripetuti inviti a non pagare le bollette idriche da parte di alcune forze politiche, ora la sentenza del Giudice di Pace Vincenzo Palombo, depositata venerdì scorso a Marano, pone fine ad ogni ulteriore strascico giudiziario: il pagamento degli importi per i consumi idrici che vanno dal 1992 al 1997 è legittimo, non è affatto prescritto ed è determinato in maniera giusta.

La decisione del Giudice di Pace trae origine dal ricorso presentato il 31 dicembre 1999 da 41 cittadini di Marano contro il Comune di Marano per la richiesta di «accertamento negativo di pagamento del canone idrico». Nella citazione pretendevano che fossero dichiarati non dovuti gli importi richiesti con un estratto conto a titolo di canone per il consumo dell’acqua potabile per gli anni dal 1992 al 1997 e per il canone delle acque reflue dello stesso periodo e, in via subordinata, per farsi riconoscere prescritto il pagamento, nonché per il risarcimento dei danni. I ricorrenti sostenevano che il Comune aveva chiesto il pagamento dei canoni per presunto consumo di acqua con criteri arbitrari e presuntivi senza tener conto dei consumi reali e senza verifica con la lettura dei contatori.

Il Giudice ha invece sentenziato che l’applicazione degli importi è corretta, essendo calcolato sulla base del consumo minimo inserito nel canone idrico: in altri termini, come sosteneva da tempo l’amministrazione comunale, l’importo era basato su un consumo che universalmente è riconosciuto come consumo minimo per le normali condizioni di vivibilità, cioè cento litri per uso domestico più cento litri per ogni componente del nucleo familiare. «I criteri per la determinazione delle tariffe sono una scelta discrezionale – afferma il Giudice – e il pagamento del canone e cioè del minimo contrattuale che ogni utente è tenuto a pagare per contratto, prescinde dai consumi di fatto effettuati».

Ed era solo questo l’importo richiesto dal Comune, senza calcolare le eccedenze: «Era una forma di sanatoria di fatto, con la quale i cittadini venivano invitati a pagare a condizioni vantaggiose e rateizzati gli arretrati dei consumi senza tener conto delle eccedenze», sottolinea Bertini. Per le acque reflue, invece, il Giudice ha ricordato che si tratta di tariffe per le quali l’amministrazione comunale si limita ad applicare atti predisposti da altri enti (Regione, Cipe). Tutto in regola, dunque.

L’importanza della sentenza è facilmente intuibile. Basti pensare che per il periodo di tempo 1992-97 il Comune vanta crediti per circa una ventina di miliardi delle vecchie lire, avendone incassati soltanto una decina. Insomma, ben il 65 per cento dei contribuenti aveva continuato a non pagare. Per loro ora scattano i decreti ingiuntivi e le procedure che, in ultima analisi, porteranno al pignoramento dei beni. E la percentuale di evasione per gli anni successivi, dal 1998 in poi, aveva comunque risentito del clima di incertezza alimentato dalle polemiche politiche, con ampie fasce di evasione. Ora, invece, la sentenza pone un punto fermo e dà certezza agli atti amministrativi del Comune. Ed anche le casse comunali ne risentiranno positivamente.