venerdì, Agosto 15, 2025
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LA MAMMA: “VOGLIO GIUSTIZIA”

Napoli – «Giustizia, questo mi devono dare, giustizia. Scrivetelo, scrivetelo che quel bastardo deve pagare, non doveva uccidere mio figlio». Grida la sua rabbia e il suo dolore la madre di Salvatore, il ragazzino di 13 anni ucciso a Napoli da un poliziotto. Una tragedia immane si è abbattuta sulla sua famiglia, doloroso epilogo di una rapina da balordi. Suo figlio, «luce dei miei occhi» grida lei, sabato sera voleva fare il duro: con un complice di poco più grande di lui ha cercato di impossessarsi di uno scooter. Un colpo da balordi fatto con la persona sbagliata, un poliziotto in borghese che ha reagito con la pistola. La donna alterna urla disperate ad esplosioni di rabbia, lanciando accuse nei confronti dell’agente che ha fatto fuoco. «Un bastardo – ripete – che ha sparato a bruciapelo contro un bambino». Secondo la donna la ricostruzione della polizia è errata. «È il poliziotto che ha inseguito i ragazzi, perché non avevano il casco, altro che rapina. Ma quello non doveva sparare, non doveva. Io voglio giustizia, il magistrato me la deve dare, voglio sapere la verità perché mio figlio è morto».
La signora Lina non accetta che suo figlio passi come uno dei tanti ragazzi «di strada» senza speranze e con un futuro già segnato che affollano le periferie napoletane. Stringe in mano la foto del figlio, un bel bambino con i capelli corti e lo sguardo vispo che dimostra meno anni di quelli che aveva. «Salvatore – grida con rabbia – era un bravo ragazzo, non ha mai avuto una denuncia né è mai stato fermato. Proprio ieri è stato tutto il giorno qui in casa con me ed è sceso soltanto nel pomeriggio. “Mamma vado a fare un giro” mi ha detto».
Da quel giro, però, Salvatore non è più tornato. E non tornerà più neanche a scuola, nel rione Don Guanella dove frequentava la terza media, né a giocare a calcetto. «Era bravo, bravissimo – racconta ancora la madre piangendo – e stava anche seguendo un corso per barman. Non si può morire così, non è giusto».
La donna è rimasta tutta la mattina in casa, con i parenti e gli amici accanto, insieme al figlio più grande (il marito è detenuto, accusato di rapina). Un’abitazione di una sessantina di metri quadri al quarto piano di uno dei tanti palazzoni anonimi di cui è piena la periferia napoletana, un unico ammasso di cemento con i comuni dell’hinterland.
Sta bene, invece, Thomas, il diciassettenne che era sul motorino con Salvatore. Il giovane è piantonato all’ospedale di Giugliano con l’accusa di tentata rapina aggravata. Ma, con ogni probabilità, dovrà rispondere anche di furto o ricettazione: il motorino sul quale viaggiava assieme a Salvatore era stato rapinato il 29 dicembre scorso, in via Tasso, nel quartiere Vomero. La circostanza è emersa dalle indagini della squadra mobile.
Il poliziotto che ha sparato, Salvatore T., non ha ancora 20 anni ed è un agente ausiliario – doveva confermare l’arruolamento in questi giorni – in servizio in provincia di Napoli. «Sono affranto, non credevo di aver ucciso quel ragazzo». Poche parole prima di entrare negli uffici della procura di Napoli dove per un’ora e mezza ha fornito la sua versione dei fatti al pm Monica Campese sulla tentata rapina finita in tragedia. L’agente è indagato per eccesso colposo di difesa.
«Esprimo tutto il mio dolore per questo tragico evento ed esprimo la mia partecipazione ai familiari, alla madre, al padre. La morte di quel ragazzo è stata una cosa tremenda. Non ho parole per definirla. Era poi un ragazzo di 13 anni». Così il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in riferimento alla morte del ragazzo ucciso ieri. Il presidente della Repubblica, che è stato avvicinato a Napoli mentre assisteva al lavoro teatro «Scugnizzi» nel teatro Augusteo, ha aggiunto: «È una tragedia che coinvolge anche chi ha sparato».