L’inferno di Secondigliano e Scampia:
ragazzini armati tra rifiuti e degrado
di LORENZO CALO’
NAPOLI – Non è la prima volta, non sarà l’ultima. L’eterna sfida fra guardie e ladri nella casbah napoletana non conosce limiti di età né di decenza. Neppure un mese fa, poco distante dal luogo in cui sabato un tentativo di rapina finito in tragedia è costato la vita a Salvatore Di Matteo, tredici anni, un altro minorenne a capo di una banda di rapinatori è stato freddato dalla reazione di un poliziotto. Era il 18 dicembre quando nei pressi di Frattamaggiore Vincenzo Pennino, 17 anni, venne fatto fuori da un colpo di pistola esploso da un agente libero dal servizio e appartato nella sua auto con la fidanzata. Due tentativi di rapina un unico comun denominatore. Si chiama asse mediano, ed è l’arteria di collegamento che raccorda tutti i comuni dell’hinterland settentrionale con il capoluogo. È la strada delle rapine, degli agguati stile far west, delle aggressioni a mano armata. Un’unica lingua di asfalto che si avvita lungo la periferia dormitorio: non ci sono luci, segnaletica pressoché assente, fondo dissestato e cumuli di rifiuti nelle piazzole di sosta. Ci vivono più di mezzo milione di persone: è l’ala estrema di un panorama di degrado che arriva fino a Secondigliano e Scampia.
Quartieri di edilizia popolare dove spadroneggiamo occupanti abusivi, spacciatori e ricettatori. Zone dove non esiste l’infanzia ma si diventa adulti e abili a brandire pistole già a tredici anni. Questo il destino del piccolo Salvatore, con il padre in carcere a Lodi per scontare una condanna a dieci anni di reclusione. Questo il destino del suo complice Brian Thomas, arrestato e piantonato in ospedale: lui è arrivato a Napoli dal Galles 17 anni fa ed è stato tirato su solo dalla madre. Storie di ordinaria criminalità allevata da gente che ignora il senso dello Stato, che vede nelle forze dell’ordine il nemico da abbattere, che il lavoro non lo trova e non lo cerca, che misura il proprio peso specifico in base alla destrezza nella propensione a delinquere. Ecco il perché delle minacce di morte piovute, da parte dei familiari della vittima, sugli uomini in divisa. E poco importa se il povero Salvatore preferiva la strada ai libri di scuola, se persino il motorino utilizzato per rapinare quello dell´agente era stato a sua volta rubato. Una scia di sangue che ha avvolto in passato anche chi quel motorino lo ha difeso fino alla morte. Questo il destino di Davide Sannino ucciso a sangue freddo dai rapinatori (19 luglio ´96), di Rodomonte Chiacchio lasciato sull’asfalto con l’arteria femorale recisa (7 gennaio 1999), di Stefano Ciaramella accoltellato al cuore per uno scooter (2 settembre 2001).
IL MESSAGERO 6 GENNAIO 2002