martedì, Agosto 12, 2025
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DA CARCERATO A CONSIGLIERE REGIONALE, IN NOME DEL GARANTISMO E DELLA FACCIA TOSTA

Angelo Brancaccio è un consigliere regionale della Campania. Onorevole. E’ stato eletto, con una montagna di preferenze (quelle vere, il nome da scrivere sulla scheda), nell’aprile del 2005. Prima di entrare nel Consiglio regionale ha fatto il sindaco di Orta di Atella per dieci anni. Ed è stato anche consigliere provinciale a Caserta. Di professione fa l’assicuratore, ha una moglie casalinga e due figlie femmine. Le tre donne pare abbiano pianto molto quando i carabinieri, all’alba dell’otto maggio scorso, hanno bussato alla porta e hanno portato l’onorevole in galera. Per lui una ordinanza di 258 pagine: Brancaccio, da sindaco, insieme ad alcuni tecnici del Comune, avrebbe intascato tangenti per rilasciare concessioni edilizie. Ma non solo. Per tenere buona la Legge, l’onorevole avrebbe corrotto due agenti di polizia (anche loro arrestati), tenendoli sistematicamente a busta paga.
L’onorevole viene definito dal Pubblico Ministero, nell’ordinanza di arresto, “una persona scaltra che si ingrazia il favore dei pubblici ufficiali e si rende autore di comportamenti corruttivi non solo nell’interesse proprio, ma anche per dimostrare a terzi il suo immenso potere politico esercitato sulla magistratura”.
Brancaccio è rimasto in carcere alcune settimane poi è passato agli arresti domiciliari, dov’è rimasto fino al 24 luglio scorso, quando è stato scarcerato. Rimane ovviamente sotto inchiesta ed è in attesa del processo. Durante la carcerazione è stato sospeso dal Consiglio regionale. Poi, con la fine della custodia cautelare, è rientrato in assemblea. Nessuno – in virtù del garantismo costituzionale – poteva sottrargli una carica pubblica ed elettiva fino a che non si fosse dimostrata la sua colpevolezza. Ovviamente fino al terzo grado di giudizio.
Il suo gruppo politico, però – i Democratici di sinistra – non la pensava alla stessa maniera. E, dopo averlo sospeso in seguito all’arresto, ha tentennato e non lo ha reintegrato. L’onorevole, così, non ci ha pensato due volte. Ha fatto le valigie e ha cambiato casa.
E’ passato all’Udeur.
Il partito del Ministro della Giustizia Mastella ha steso il tappeto rosso e lo ha accolto con tutti gli onori. Presso il Grand Hotel Vanvitelli di Caserta, tutto lo stato maggiore del partito con il segretario campano Antonio Fantini, il capogruppo regionale Fernando Errico e di tutti i consiglieri regionali: Nicola Ferraro, Salvatore Arena, Nicola Caputo, Vittorio Insigne, Pietro Giuseppe Maisto hanno accolto Brancaccio a braccia aperte. “Benvenuto, qui ti sentirai a casa”, pare abbia detto – con involontaria e terribile ironia – il segretario Fantini. Con Brancaccio, sono passati all’Udeur sindaci, assessori, consiglieri di molti comuni casertani. In sostanza tutta la rete politica dell’ex sindaco. Di fronte a un episodio come questo ti vengono in mente una serie di domande. Ovviamente, siamo tutti innocenti fino a prova contraria. Brancaccio ha diritto al suo seggio e se lo tiene. Purtroppo, dico io. Si può dire questo purtroppo? Sì, purtroppo. Perchè un metro prima del garantismo c’è il buon senso. Se un pubblico ministero produce una ordinanza di 300 pagine, elenca intercettazioni, telefonate, documenti; se porta un castello enorme di indizi, vuol dire che quanto meno il soggetto in questione è pieno di ombre. Sono legittimi almeno i sospetti sulla sua condotta. Si dice: ma si può cacciare uno dal Consiglio regionale sui sospetti? E se fosse un errore giudiziario? Esiste un vecchio detto della cultura garantista: “meglio un colpevole fuori che un innocente in galera”. Sono d’accordo. Ma parafrasando questo motto, aggiungerei: “meglio un innocente fuori dalla politica che un colpevole nelle istituzioni”. Io, francamente, per le cariche pubbliche, eserciterei – in luogo del garantismo – un minimo di buon senso. Chi si metterebbe nel proprio condominio, a fare da amministratore, o in casa, a fare la domenstica, uno su cui la Procura ha costruito un fascicolo di 300 pagine elencando casi di corruzione e concussione? Nessuno, mi sa. Ma la politica, si sa, è un mondo a parte. Ha poco a che fare con la vita di noi mortali. Brancaccio ha lasciato la cella ed è tornato in aula. Bene. Bentornato onorevole.
Per le assembleee elettive vige il garantismo.Va bene. Prendiamo per buona l’overdose di buonismo, fingiamo di credere che quella fitta rete di clientelismo, corrutela, sottobosco del potere come se ne vedono tante dalle nostre parti, possa non esistere. Brancaccio deve restare in Consiglio regionale. Onorevole. Va bene. Ma un partito politico può decidere di aspettare l’esito delle indagini prima di accogliere un iscritto? Può un partito usare un po’ di cautela simbolica, un minimo di distanza, un lampo di fiducia nel lavoro della magistratura e una punta di diffidenza verso chi è investito di accuse così gravi?
I Ds – bisogna riconoscerlo – hanno avuto coraggio. Potevano lanciarsi nel solito esercizio di ipocrisia e fare finta di niente. Invece hanno avuto coraggio. Brancaccio è innocente fino a prova contraria ma il partito vuole aspettare prima di riaccoglierlo. Bene. Ma l’Udeur? L’Udeur no. L’Udeur del Ministro di Giustizia è garantista. Se li prende tutti, basta che portano voti. Non esistono i sospetti. Anzi. Un sospetto magari fa pedigree. Brancaccio è uno buono, ha i voti, ha la gente intorno. Prendiamocelo, fino a che è a piede libero è utile. Ma io mi chiedo, di fronte a episodi come questi: che cos’è diventata la politica in questo paese? Ma esiste ancora un brandello di moralità nelle scelte pubbliche oppure tutto è consentito in ragione degli obiettivi personali? A vedere certe disinvolture, un certo facciatostismo, si rimane allibiti.
E ci si chiede: ma ci sarà un limite?