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Alessio, il poliziotto trans di Napoli che giura in pantaloni: «Non l’avrei mai fatto in gonna»

Alessio, il poliziotto trans di Napoli che giura in pantaloni: «Non l'avrei mai fatto in gonna»
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Quella di Alessio Avellino è una storia che tramuta in insegnamento, che trasmette coraggio e speranza per il futuro. Il ragazzo, 26 anni e originario di Napoli, è uno dei pochi poliziotti transgender in Italia, che alle spalle ha una delicata storia, quale altro non è che un messaggio di inclusività. Sulla pagina di Polis Aperta – l’associazione di volontariato Lgbt+ delle forze dell’ordine – il giovane si racconta e spiega i suoi momenti più difficili.

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“Sono partito per il 208° Corso Agenti della Polizia di Stato ad agosto 2019, con la consapevolezza di dover affrontare il periodo di formazione considerato come una ragazza, perché così urlavano i miei documenti e tant’è, per quanto doloroso fosse, anche il mio corpo. Nel buio di una notte di quel mese, nel caldo napoletano poco dopo aver saputo la destinazione, davanti ai miei occhi apparì il video di un giuramento di qualche anno prima e lì, presi consapevolezza di una realtà più dolorosa di tutte le altre: le donne giuravano in gonna e gli uomini in pantaloni”. In conclusione: “Non avrei giurato in gonna e tacchi, piuttosto avrei rinunciato a tutto anziché provare quella sofferenza. Quello che ero non poteva essere messo da parte per quello che facevo”.

La storia di Michela Pascali e il lieto fine

In ogni caso, in quei giorni di ‘sconforto’, trova la storia di Michela Pascali. Si tratta della segretaria generale di Silp Cgil dichiaratamente lesbica. Alessio ricorda bene quei momenti. “In me, si aprì la speranza di poter avere un contatto con qualcuno che indossasse quei colori e non era completamente avulso dal mondo Lgbt+”. E, infatti, Pascali lo aiuta insieme alla compagne di stanza e non solo. «Loro hanno fatto in modo che fossi Ale, dandomi il maschile nei momenti extra-formativi e alleviando l’inadeguatezza con la comprensione dettata dal cuore e non dalla conoscenza”.

Ho giurato in pantaloni, poco dopo il lockdown generale, senza la grande cerimonia che tutti abbiamo nell’immaginario. Ho giurato in pantaloni perché le molteplici divise che hanno incontrato la mia richiesta si sono spese uniformemente nella risposta al mio bisogno. E il giorno del giuramento è stato per me gioia, nonostante tutto. Perché quello che ero si era, in parte, allineato con ciò che ero chiamato a fare”.

Una storia conclusasi con un lieto fine, a cui seguono infine i ringraziamenti a chi l’ha supportato:  “Polis Aperta esiste per questo: per tutti gli Alessio che hanno paura di non potercela fare e hanno bisogno di leggere che una Michela c’è”.

 

 

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