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Aziende fittizie per riciclare i soldi, svelato il sistema dei Di Lauro: “Soldi anche in Cina”

Aziende fittizie per riciclare i soldi, svelato il sistema dei Di Lauro: "Soldi anche in Cina"
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No all’investimento immobiliare, sì a quelli finanziari. Questo era un dogma di Paolo Di Lauro, a raccontarlo è il pentito Salvatore Tamburrino che ricostruisce in uno dei verbali la strategia economica-criminale della cosca. Strategia che a volte poteva subire anche dei duri colpi. “Per evitare confische Ciruzzo ‘o milionario sconsigliava sempre acquisti di beni che prima o poi venivano confiscati”, rivela Tamburrino. “So che i Di Lauro persero molti soldi prestando soldi ad usura. Paolo Di Lauro non ha mai fatto società di fatto con commercianti che facevano riciclatori, tranne forse con una persona”. I Di Lauro secondo il pentito – fecero commercio di scarpe contraffatte e una investireno 15 milioni di euro in una nota fabbrica di jeans.

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Paolo Di Lauro era anche contrario alle estorsioni, soprattutto ai piccoli commercianti di Secondigliano e Scampia che così erano esonerati dal pagare la tassa alla camorra. “L’unica estorsione cui partecipava il clan era quella in quota con la Masseria Cardone e i Lo Russo sui cantieri. Fu Enzo Di Lauro a riprendere questa attività”, dice Tamburrino.

Tamburrino svela anche il sistema delle aziende fittizie per riciclare i soldi: “Un’azienda accantona le riserve per l’Iva e le deve trasformare attraverso questo meccanismo in contanti, in particolare utilizzando operazioni inesistenti di acquisto, creando il costo fittizio. Il fulcro del sistema è trovare una persona che dispone di contanti, fatto che io risolsi incontrando una cinese di San Giuseppe Vesuviano che ha un negozio all’ingrosso di intimo. Questa cinese io la chiamo ANGELA. Il meccanismo funziona così: uno fa bonifici su conti correnti postali online su aziende fittizie mie, per operazioni inesistenti, ad es., fornitura servizi di videosorveglianza; l’ufficio che gestiva questi conti è in un appartamento nei pressi del Largo Macello, dove c’erano computer, chiavette, armadietti con doppio fondo. Le mie aziende emettono la fattura per operazione inesistente; a mia volta faccio il bonifico alla cinese su un conto in Cina, senza contro emissione di alcuna fattura. La cinese mi consegnava denaro contanti di valore pari al bonifico, aggiungendo /’1% perché si doveva liberare dei contanti. A uno consegnavo i contanti trattenendo il 6%. Sul 7% guadagnato dividevamo in tre”. 

 

 

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