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“Parcheggiati, ora comandiamo noi”. Così i Raia tolsero la piazza dello Chalet Bakù a Raffaele Notturno

"Parcheggiati, ora comandiamo noi". Così i Raia tolsero la piazza dello Chalet Bakù a Raffaele Notturno
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Ha ricostruito le fasi del progressivo isolamento a cui è stato costretto, dopo l’omicidio del figlio Nicola, da parte dei Raia. Raffaele Notturno, lo scorso 18 ottobre, dopo le continue minacce subite ha raccontato agli inquirenti tutto quello che era successo: “Negli ultimi 5 anni, ho sempre ricevuto minacce, dai fratelli Raia Patrizio, Costantino, Francesco e i loro familiari. Altri soggetti che mi hanno minacciato sono Armando Ciccarelli (mio cognato), ‘“o gettone”; “cioccolata”, Francesco Esposito ed altri. Tutto è iniziato circa 5 anni fa, dopo che è stato ucciso mio figlio Nicola, e che, di seguito, sono usciti dal carcere Armandino Armando Ciccarelli, Patrizio Raia ed infine poi Costantino Raia. Proprio quando è uscito Costantino “non si è capito niente più”. Si può dire che fino a che è uscito Costantino, la situazione era ancora “tranquilla”, ed ero ancora il capo dello Chalet Baku, ma con l’uscita di Costantino, come ho detto, lui e i suoi “si misero di faccia” contro di me. Un giorno Armando (mio cognato) mi ha bussato al citofono e mi disse che era uscito Costantino. Scesi, e trovai Costantino, suo fratello Patrizio, con Pietro (il loro nipote) e il cognato di Patrizio di nome Antonio: mi dissero di farmi da parte, perchè ormai comandavano loro. Parlavano in particolare Armando, Costantino e Patrizio dicendo “levati da mezzo, comandiamo noi”, pur dicendomi che “formalmente” stavano sotto a “Vettorio”, mio fratello Enzo Notturno, detenuto (con il quale sono in rapporti “normali”, anche se da tempo non lo vado a trovare)”.

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“Fino a quel momento ero io a gestire la piazza di spaccio del Baku, avevo i miei ragazzi che spacciavano vari tipi di sostanza, ma la piazza rendeva poco. Loro mi dissero di farmi da parte, di “parcheggiarmi”, pur senza impormi di andare via. Poco dopo, circa un mese dopo, mio nipote mi venne trovare a casa. Dopo poco che era salito, bussarono a casa mia Patrizio, Costantino e Ciccio Raia (che aveva uno scaldacollo ed un cappello). Bussarono ed io aprii. Loro chiesero di Raffaele mio nipote, e quando 28 lui si presentò gli dissero: “non hai capito niente, ti schiattiamo la testa”’. Non so il motivo, ma posso immaginare perché aveva dato fastidio a qualcuno di loro.

Altro episodio che successe in quel periodo: vennero Armando Ciccarelli, “cioccolata”, “gettone”, Patrizio, Costantino e Ciccio Raia. Citofonarono e mi chiesero di scendere. Dissero, “ha detto marco (intendendo Marco LIGUORI) “ci vuoi dare le chiavi di quella casa? ha detto Marco ci deve mettere la moglie di un carcerato”. “Come, ecco le chiavi” dissi io (si trattava di una casa nella Torre Bianca, che usava mio figlio Nicola, prima di essere ucciso), ma io dissi “se non è la moglie di un carcerato, mi riprendo la casa”, ma in effetti ci misero la moglie di un carcerato. Dopo una settimana circa, mi chiamarono mi “convocarono” in un circoletto “per parlare”. Là ebbi una discussione, mi dicevano che non dovevo stare giù, non dovevo stare con la gente, e chiunque stava con me sarebbe stato picchiato. Sempre in questo periodo, era una domenica e stavo da mia madre che ha un negozio di caramelle. A fianco mio zio Antonio che vende i detersivi. Da quest’ultimo si presentò RUFFO Luigi, che comprò dei tovaglioli (cosa che a me apparve strana, perché non aveva mai comprato niente). All’improvviso mi resi conto che erano scomparsi tutti. Capii che qualcosa non andava e me ne entrai nel palazzo e salii a casa. Dopo 2/3 minuti arrivò sotto i porticati “Gettone”, da solo, con una pistola e un casco integrale, cercando me, senza trovarmi. Le persone del Rione mi hanno detto che era Gettone, perché quando lo videro arrivare, lui – per farsi riconoscere – si alzò la visiera Dopo qualche minuto, arrivò a casa mia madre, dicendomi che c’era una persona con una pistola che cercava me per spararmi. Qualche tempo dopo mio nipote Carmine, che in quel momento era sotto i porticati, mi ha raccontato che questa persona l’aveva inseguito e voleva sparargli, ma lui riuscì a fuggire.. Alle urla di mi madre, scesero mia cognata Lina (moglie di Vettorio) e mia sorella Iolanda , che non volevano credere al racconto di mio nipote, cioè che una persona lo aveva inseguito per ucciderlo.  In quel periodo i RAIA si presero anche una casa al 13 piano nel Lotto T/a, due case nel Buon Pastore. Si sono anche “presi” una sala da biliardo che sta nella Torre Bianca, dove fu sparato mio figlio
Da quel momento, cioè dall’episodio in cui Gettone mi ha cercato per spararmi, mi sono chiuso in casa, per far stare tranquilla la mia famiglia, cosa che comunque non è successa, perché in seguito ci sono stati anche altri episodi”.

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