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Cosimo Di Lauro, la folle morte in cella: 100 sigarette al giorno, ululati di notte e visioni

Cosimo Di Lauro, la folle morte in cella 100 sigarette al giorno, ululati di notte e visioni
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Farneticava di giorno e ululava di notte, Cosimo Di Lauro, l’ex reggente dell’omonimo clan di Secondigliano, “padre” della prima faida di Scampia, deceduto la notte tra 12 e il 13 giungo scorsi nel carcere milanese di Opera dov’era detenuto al 41bis. Inoltre ormai fumava cinque pacchetti di sigarette al giorno, che avevano reso i suoi denti neri come il carbone. Cosimo, che avrebbe compiuto 49 anni il prossimo 8 dicembre, secondo quanto si è appreso, è stato trovato esanime, supino sul letto della sua cella, dove trascorreva gran parte della giornata, privandosi anche dell’igiene personale. Nessun segno di violenza riconducibile al suicidio è stato riscontrato sul cadavere. Ieri, però, dopo la notizia della sua morte, è serpeggiata anche l’ipotesi che si fosse tolto la vita, una voce che non ha trovato finora alcun appiglio.

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Per i suoi avvocati, già dal 2008 Cosimo Di Lauro era incapace di sostenere i processi, contrariamente a quanto invece sostenevano gli inquirenti. L’ultima visita dei legali risale al giugno del 2019 (leggi qui l’articolo). Gli avvocati si recarono nel carcere di Opera per incontrarlo dopo avere ricevuto una lettera nella quale però non aveva scritto neppure una parola. Quando gli avvocati gli chiesero il perché di quel suo gesto lui rispose, ancora una volta, con frasi farneticanti, prima di congedarsi, repentinamente, per – disse ai professionisti attoniti – “una riunione importante con alcuni imprenditori che doveva sostenere nella veste di capo di un mondo parallelo”.

Il figlio del capoclan Paolo Di Lauro, quest’ultimo soprannominato “Ciruzzo o’ milionario”, è stato condannato all’ergastolo, con sentenza passata in giudicato, per l’omicidio (avvenuto l’11 dicembre 2004) di Massimo Marino, cugino di Gennaro Marino, ex braccio destro di Paolo Di Lauro; e per l’assassinio di Mariano Nocera, ritenuto legato agli “scissionisti” degli Abete-Abbinante, ucciso il 2 settembre 2004, secondo il racconto dei pentiti, perchè non volle piegarsi al volere di Cosimo.

Cosimo Di Lauro, il racconto dell’ultimo colloquio:« Mi colpì il suo sguardo assente»

Assente. Con uno sguardo perso nel vuoto. Come se non gli importasse più nulla. Questa la ‘fotografia’ degli ultimi anni di vita di Cosimo Di Lauro, deceduto questa mattina a soli 49 anni nel carcere milanese di Opera. A raccontare alla redazione di Internapoli.it l’ultimo colloquio avuto con il primogenito del boss Paolo Di Lauro è Saverio Senese, storico difensore di ‘F1’. Il penalista ricorda l’ultimo incontro con Di Lauro: «Era il 2019 e ricordo che cercavo in tutti modi di farlo venire in udienza per rilasciare dichiarazioni. Volevo aiutarlo e gli feci capire che con i suoi silenzi, la sua ‘assenza’ non mi permetteva di farlo. Ricordo quegli occhi, spenti, inespressivi, era trasandato, in pratica non sembrava più lui. Ad un certo punto ricordo che mentre parlavo mi guardò fisso negli occhi, si alzò e si voltò con uno scatto lasciando la sala colloqui. Rimasi di sasso». Un’immagine lontana anni luce dalla figura spavalda che quasi cercava l’obiettivo dei fotografi quando fu arrestato in un maxi blitz al rione dei fiori nel 2005.

L’avvocato cercherà in queste ore di sapere anche quando sarà dissequestrata la salma per poter svolgere i funerali, funerali che dovrebbero svolgersi in forma privata. Questo perchè la Procura di Milano ha disposto l’autopsia e una consulenza medico legale e tossicologica per chiarire non solo le cause della morte di Di Lauro ma anche le condizioni in cui si trovava detenuto. L’ipotesi di reato nel fascicolo di inchiesta è quella di omicidio colposo a carico di ignoti, atto “prudenziale” necessario per poter svolgere tutti gli accertamenti del caso. La comunicazione all’avvocato Senese è giunta per via pec con un comunicato stringato come confermato dal penalista:«Poche righe per informarmi che il mio assistito era morto. Non lo vedevo da quell’ultimo nostro colloquio ma da quel che so in tutto questo periodo ha continuato a vivere come se non gli importasse più di nulla, assente, come se fosse lontano da tutto e tutti. Da quel che mi dicono da tempo non aveva nemmeno colloqui con la madre. Nonostante le difficoltà ho continuato a difenderlo per un dovere di correttezza professionale. Un udienza era prevista per fine mese».

 

 

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