Home Cronaca Duplice omicidio Montanino-Salierno, tre ergastoli cancellati per la seconda volta

Duplice omicidio Montanino-Salierno, tre ergastoli cancellati per la seconda volta

Nel riquadro Fulvio Montanino
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Tre ergastoli cancellati. Ancora una volta. E’ ormai una vera e propria ‘sfida’ a suon di sentenze e di conseguenti annullamenti quella innescatasi tra la Procura e i boss Raffaele e Francesco Abbinante e per Vincenzo Pariante, fratello del boss Rosario un tempo numero due del clan Di Lauro. La Corte di Cassazione ha nuovamente annullato l’ergastolo comminato per i tre in relazione al duplice omicidio Montanino-Salierno, delitti che innescarono la prima faida di Secondigliano e Scampia. In primo grado e in appello i tre furono condannati all’ergastolo poi la Cassazione operò un primo annullamento con rinvio e così la Corte d’Appello di Napoli (IV sezione presidente Vescia) confermò poi la sentenza di primo grado. I legali dei tre boss, Claudio Davino e Antonietta Genovino (insieme al collega per la posizione del solo Francesco Abbinante) hanno dunque presentato nuovo ricorso e la Suprema Corte ha nuovamente accolto le argomentazioni dei due avvocati annullando con rinvio ad un nuovo giudizio d’appello. Tutto da rifare. Ancora una volta.

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La ‘prova d’amore’ alla Scissione

Nel giugno del 2019 la Cassazione pose la parola fine al processo per i vertici della Scissione che con quel duplice omicidio sancirono la rottura dai Di Lauro. Ad essere condannati i boss Cesare Pagano (capo degli Amato-Pagano), il nipote Carmine PaganoArcangelo AbeteAntonio Della CorteAngelo MarinoGennaro MarinoCiro Mauriello ed Enzo Notturno. Condanna a 21 anni per Rito CalzoneRoberto Manganiello e Francesco Barone (la cui mamma, Carmela Attrice, venne uccisa proprio nei primi mesi della faida perché non volle lasciare le Case Celesti come impostole dal clan Di Lauro) e per Ferdinando Emolo, il solo imputato ad essere affiliato al clan Di Lauro: il ras fu condannato per spari in luoghi pubblico e porto e detenzione illegale di una pistola, con tanto di aggravante della matrice camorristica per- ché – a seguito del duplice omicidio di Fulvio Montanino (braccio destro di Cosimo Di Lauro) e di suo zio Claudio Salierno – i Di Lauro seminarono il terrore nelle ‘Case Celesti’. Fondamentali per ricostruire il contesto in cui maturò l’omicidio il racconto di numerosi collaboratori di giustizia tra cui Luigi Secondo che spiegò ai magistrati:«Arcangelo Abete e Gennaro Marino spingevano per l’eliminazione di Montanino, perché presumevano che uccidendolo, Paolo Di Lauro, allora in fuga, sarebbe tornato a guidare il clan, marginalizzando il figlio Cosimo. Abete e Marino, come si dice in gergo, volevano dare “la prova d’amore” a Raffaele Amato e Cesare Pagano (i quali non si fidavano tanto, soprattutto di Marino) e per questo motivo proposero l’omicidio di Fulvio Montanino e dissero pure di voler essere presenti all’esecuzione. Cesarino e ’o Lello acconsentirono perché era necessario iniziare la guerra».

Il racconto di Gennaro Notturno

Di quel duplice delitto ha parlato anche Gennaro Notturno ‘o sarracino:«Verso marzo o aprile 2004 ci trovavamo nel nostro quartiere, in via Bakù , quando a miocugino Arcangelo Abete viene in mente di uccidere Fulvio Montanino. Eravamo presenti io e mio fratello Enzo». Anche Rosario Pariante addiritturà disse ai magistrati che il ‘via libera’ per quel delitto eccellente avvenne in un aula di tribunale quando affermò che «venne in aula Abete e si trattava di un fatto eccezionale dal momento che lui non si faceva mai vedere in giro. Mi fece capire che c’era tutto un gruppo di affiliati che si sentiva in pericolo rispetto a Paolo Di Lauro e ai figli. Io chiesi da chi venisse questo pericolo e feci segno mimando il gesto del codino per indicare Cosimo. Abete fece quindi cenno di sì. Con la scusa di fumare, io e i tre fratelli Abbinante ci appartammo nel ballatoio che comunica con la gabbia. Eravamo tutti d’accordo a reagire e fui io a dare l’ordine di uccidere mimando con il labiale il nome di battesimo. Dissi Fulvietto».

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