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Elena Cecchettin personaggio dell’anno, la sorella di Giulia scelta per la sua battaglia contro il patriarcato

Elena Cecchettin è stata eletta persona dell'anno dall'Espresso:"Le parole di Elena sul patriarcato e lo stupro sono una lucida analisi"
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 Elena Cecchettin è il personaggio dell’anno secondo il settimanale L’Espresso, che le dedica la foto di copertina.

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La sorella di Giulia Cecchettin è la persona dell’anno

Elena Cecchettin è la persona dell’anno secondo l‘Espresso. La giovane è stata scelta come figura che ha caratterizzato il 2023 perché è riuscita a trasformare il dolore privato della perdita della sorella in assunzione di responsabilità collettiva. La famiglia Cecchettin, incarnata nella copertina da Elena, è riuscita a dare un nome chiaro al fenomeno dietro il femminicidio di Giulia: il patriarcato. È questo il sunto della motivazione dietro la scelta del volto e del bagaglio di Elena Cecchettin come persona dell’anno per l’Espresso.

Elena Cecchettin è la persona dell’anno, ecco perchè

“Perché”, come ha scritto il vicedirettore Enrico Bellavia, “le sue parole sul patriarcato e la cultura dello stupro di fronte a centodieci vittime di femminicidio sono una lucida diagnosi“. In copertina c’è il suo volto, serio e determinato. Sembra che il suo sguardo sia pronto a sfidare chi pensa di poterle dire come ci si deve comportare quando tua sorella è appena stata uccisa dal suo ex ragazzo. Le hanno detto che cercava attenzione, che era sotto shock e non sapeva quello che faceva. L’hanno accusata di ripetere frasi fatte, che non era vestita in modo consono, che era una satanista. Hanno provato a a incastrarla con domande sull’amore malato e lei ha risposto “Non era amore“.

Tutti contro Elena Cecchettin

Hanno provato a dire che Filippo Turetta era un mostro ed Elena ha risposto di guardare all’intera società patriarcale perché il problema è culturale. “Con pacifica determinazione, Elena Cecchettin ce lo ha detto“, scrive L’Espresso, “E nel momento in cui ha impresso al proprio dolore lo stigma di una responsabilità collettiva, nel teatrino della rappresentanza è diventata immediatamente divisiva. E non solo per una questione di cliché non rispettati. La sozzura venuta fuori dal putrido retrobottega della politica e la danza dei saltimbanchi da talk show non aveva come fine ultimo quello di dettare un canone estetico, se non etico, al lutto. Puntava invece a ristabilire l’ordinaria regola della prevaricazione eletta a legge“.

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