Home Sport Ferlaino a Il Mattino: “O lascio la società o prendo il più...

Ferlaino a Il Mattino: “O lascio la società o prendo il più forte al mondo: così vinsi lo scudetto”

PUBBLICITÀ

La camorra provò a scippargli il Napoli lanciando una bomba nel giardino del condominio di via Crispi. Una storia di trentasette anni fa, autunno dell’82, che Corrado Ferlaino non ha cancellato.

PUBBLICITÀ

«Pensai in quei giorni: o lascio la società o prendo il più forte al mondo per vincere lo scudetto. Scelsi la seconda strada e acquistai Maradona», racconta l’ex presidente, 33 stagioni sul ponte di comando del club azzurro. La sua reazione davanti al caso di Frosinone è ferma.

Ingegnere, cosa ha provato vedendo quella maglia rilanciata con sdegno da un ultrà a Callejon?
«Dispiacere. E molta meraviglia, perché io conosco il sentimento dei tifosi: hanno amato tutti i calciatori del Napoli, non solo i campioni come Diego ma anche quelli scarsi, senza fare distinzioni tra italiani e stranieri, tra napoletani e giocatori di altre regioni. Da napoletano, chiedo scusa a Callejon. Non dimentichiamo da quale straordinario club è arrivato, il Real Madrid, e con quanta passione ha giocato in questi anni: fortissimo il suo attaccamento alla maglia, perché prendersela con lui?».
Già perché? Ci auguriamo tutti che sia stato un caso isolato e immotivato, attribuibile a una frangia del tifo, e lei?
«Sono convinto che sia la reazione di una piccola parte. Si vedrà già dalla prossima partita con il Cagliari al San Paolo quanto sostegno riceveranno i calciatori azzurri: saranno ancora più sentite le manifestazioni di affetto. Però, dopo questo episodio, qualche domanda bisogna farsela».
Ha detto Ancelotti, ancor prima di giocare a Frosinone: «C’è un clima negativo intorno al Napoli». L’ex presidente che ne dice?
«Provo a interpretare la delusione della città, non il comportamento di chi non ha accettato l’omaggio della maglia da parte del capitano azzurro. È una delusione che parte da lontano, dallo scorso campionato, quando il Napoli con il gioco straordinario creato da Sarri aveva legittimato la conquista dello scudetto: poi arrivarono Inter-Juve, l’arbitro Orsato, la mancata espulsione di Pjanic… E in estate alla squadra dei sette scudetti è stato aggiunto Cristiano Ronaldo, così è diventato impossibile non solo vincere, ma pure competere. Ecco, c’è questa amarezza di fondo in città. De Laurentiis non la coglie perché vive a Roma, tuttavia io non voglio esprimere giudizi sulla sua gestione: ai miei tempi provavo fastidio se altri lo facevano».
L’amarezza può giustificare un brutto gesto come la maglia restituita al capitano della squadra?
«No, però al gesto di una minoranza corrisponde un generale sentimento di sconforto e un presidente deve reagire con forza: io, ad esempio, costruii la squadra degli scudetti, senza avere mai timore del confronto con il pubblico. E abbiamo vissuto anni molto belli. Il migliore fu quello dello scudetto che non vincemmo nel 88 e non ho ancora compreso perché: sulla storia della flessione fisica, raccontata da Salvatore Bagni nella sua autobiografia, non sono d’accordo».
È cambiato l’approccio del tifo popolare alle partite e al Napoli. Le curve erano colore e passione negli anni degli scudetti e di Maradona, poi vi sono state le infiltrazioni della malavita, le tensioni, le violenze.
«Avevamo creato l’associazione dei Napoli Club per verificare le affiliazioni dei tifosi. A un certo punto arrivarono gruppi con personaggi dalla discutibile moralità ma erano sempre e comunque tifosi appassionati, legatissimi alla maglia, come è opportuno sottolineare adesso, dopo l’episodio che ha visto protagonista Callejon, suo malgrado».
Lei ha subito contestazioni e minacce, vi furono estremisti del tifo che non si limitarono ad esporre striscioni ma fecero attentati nel giardino della villa di Corso Vittorio Emanuele mentre il Napoli scivolava in serie B.
«Pensai che vi fosse ingratitudine nei confronti di chi come me aveva lavorato per vincere, rischiando molto sotto l’aspetto economico. Ma in questi anni mi è stato restituito tutto dal punto di vista affettivo. Quando giro per la città, avverto il calore dei napoletani, sento quanto sia forte il sentimento verso chi ha rappresentato i colori azzurri e per questo mi sorprende ciò che è accaduto a Frosinone. Ho vissuto nel calcio per tanti anni e ho girato il mondo: in nessun altro posto c’è un affetto così profondo verso la squadra come a Napoli. E allora bisogna fare una distinzione chiara tra la maglia buttata a Callejon e il clima di delusione che serpeggia in città».
La bassa media spettatori al San Paolo in questa stagione è attribuibile a cosa?
«Alla Juve che ha ucciso il campionato e contro la quale sembra impossibile battersi. Ma anche alla tv e al costo dei biglietti, perché sarebbe opportuna una politica di riduzione dei prezzi. Non credo che improvvisamente non vi sia più attaccamento al Napoli: il problema sono quei diciotto punti di differenza rispetto alla capolista».

 

Fonte: Il Mattino

PUBBLICITÀ
Exit mobile version