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venerdì, Giugno 21, 2024
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[Video]. Intervista a Carlo, il miglior amico di Checco Maimone: “E’ morto tra le mie braccia, non riesco a darmi pace”

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E’ un ventenne il giovane che la notte tra domenica e lunedì scorsi, a Napoli, ha ucciso, per futili motivi, Francesco Pio Maimone, il 19enne gravemente ferito con un colpo di pistola al petto mentre si trovava nei pressi di un noto chioschetto del lungomare partenopeo, zona che nel weekend diventa meta privilegiata della gioventù napoletana. Inutile la corsa in ospedale dove è giunto senza vita.

Le indagini degli investigatori della Squadra mobile della Questura di Napoli, coordinate dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini e dai sostituti procuratori Claudio Onorati e Antonella Fratello (Direzione distrettuale antimafia), sono state rapidissime.

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Al giovane, che è stato sottoposto a interrogatorio in Questura, viene contestato il reato di omicidio volontario con l’aggravante mafiosa. Secondo quanto si è appreso avrebbe contatti con la criminalità organizzata.

Determinanti i testimoni e la videosorveglianza che in quella zona è capillare. Ieri a Casal di Principe, anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato il grave episodio: “A Napoli un ragazzo è stato ucciso con una crudeltà che ha sottratto a lui il futuro e lasciato nel dolore i suoi famigliari”. Il padre del ragazzo, dopo avere ringraziato il capo dello Stato, ha chiesto a Mattarella di aprire “uno spiraglio” affinché i giovani di Napoli possano avere “un futuro migliore, una vita diversa, perché questa vita non li porta da nessuna parte”, ha detto.

Chi ha sparato ha praticamente la stessa età di Francesco Pio, che con quell’alterco, scoppiato per un piede pestato oppure per una bevanda versata sulle scarpe (non è ancora del tutto chiaro il motivo), non aveva nulla a che fare. Ma a farne le spese è stato lui, nato il 24 settembre del 2004 a Pozzuoli, residente nel quartiere periferico di Pianura, e morto sulla via degli chalet del capoluogo partenopeo.

Uno dei colpi di pistola esplosi – due o tre quelli avvertiti da una pattuglia della Guardia di Finanza che poi ha avvisato la Polizia di Stato – ha però raggiunto lui, che sognava di aprire una pizzeria e che invece ha trovato la morte per colpa di un balordo. Un singolo colpo che non gli ha lasciato scampo. Conoscenti lo hanno accompagnato all’ospedale Vecchio Pellegrini dove i sanitari non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso.

Nel frattempo sul lungomare arrivava l’ambulanza del 118, ma lui già non c’era più. Chi era con la vittima ha descritto la scena agli investigatori: il ragazzo che estrae il revolver, spara, prima in aria poi ad altezza d’uomo. Francesco Pio si accascia tra la folla di giovani tra l’attonito e il terrorizzato. La Procura già ieri ha disposto il sequestro della salma sulla quale sarà eseguita l’autopsia. A raccontare chi era il figlio e quali erano le sue aspirazioni è stata la madre, Concetta Napoletano, intervistata ieri da diversi media: “un ragazzo d’oro, un lavoratore”, dice la donna, devastata dal dolore, che chiede “giustizia” per Francesco Pio ma anche “per tutti i figli di Napoli morti senza un motivo”.

Le parole di Carlo

Quella notte sul lungomare, quando ha visto il suo migliore amico, Francesco Pio, accasciarsi a terra, già privo di sensi, con un foro all’altezza del cuore ” piccolo come quello di un orecchino”, “Non so dirti il perché, un perché non c’è. Siamo scesi normalmente come facevamo ogni domenica, come persone normali che vanno a bere un drink fuori a uno chalet. Stavamo su un tavolino, stavamo mangiando delle noccioline. E’ successa qualche tarantella lì fuori, qualche guardata storta ma Pio non ci azzeccava niente, zero” – dice Carlo, il ragazzo che si trovava con la vittima, intervistato da Sì Comunicazione.

“Lui stava dietro di me, è partita la sparatoria ed è stato colpito. Io pensavo che fosse svenuto. Mi ha chiamato urlando ‘Carlo, Carlo’. Poi non ha parlato più è morto in braccio a me. Gli ho tirato la lingua da fuori, ha chiuso gli occhi. Quando l’ho alzato da terra mi hanno urlato che c’era del sangue”.

“Gli ho tolto il giubbino, ho visto una macchia, pensavo fosse lo stemma della maglietta. Quando l’ho alzata ho visto un buco piccolo, proprio vicino al capezzolo. Da lì non ho capito niente più. Sembra un film, perché senza un motivo non si può morire così, non si sa come è morto, non si sa il motivo” – ha concluso.

Checco era diverso da tutti. E io non posso dimenticarmelo. Era più di un fratello, per lui venivo prima di tutto. E chi se lo scorda. Siamo cresciuti insieme.  Lo sai come? Che Io se ero felice era felice lui per me. Ti rendi conto? Io non me lo scorderà mai. Mi ha salvato la vita. Potevo morire io e lui stava dietro di me. E io so che non mi abbandonerà mai. Io non ho pace, non riesco a darmi pace né calma, né spiegarmelo. Io non so perché.

La sparatoria è successa in 20 metri e c’erano 40 persone come è possibile? Perché a lui? Dove sta il perché? Nessuno se lo scorda più Checco. Era il più buono e più gentile. Poteva succedere a chiunque, ad una mamma con una carrozzino, ad um bambino, a chiunqueHo provato a soccorrerlo, mi è morto in braccio, ho fatto respirazione bocca a bocca, gli ho tirato la lingua che era rimasta in bocca. Le sue ultime parole erano per me, ‘Carlo, Carlo…’. È morto in braccio a me“.

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Antonio Mangione
Antonio Mangionehttp://www.internapoli.it
Giornalista pubblicita iscritto dalll'ottobre 2010 all'albo dei Pubblicisti, ho iniziato questo lavoro nel 2008 scrivendo con testate locali come AbbiAbbè e InterNapoli.it. Poi sono stato corrispondente e redattore per 4 anni per il quotidiano Cronache di Napoli dove mi sono occupato di cronaca, attualità e politica fino al 2014. Poi ho collaborato con testate sportive come PerSempreNapoli.it e diverse testate televisive. Dal 2014 sono caporedattore della testata giornalistica InterNapoli.it e collaboro con il quotidiamo Il Roma
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