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L’agguato al Miranapoli, quando il killer agì vestito da donna: dichiarazioni dei pentiti deficitarie

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Un omicidio eclatante. Anzi, bisognerenne dire eccellente. Avvenuto quando imperversava la guerra tra la Nco, Nuova Camorra Organizzata, e la Nuova Famiglia. Obiettivo dell’agguato Ciro Russo, detto «Ciruzzo ‘o fascista», camorrista ritenuto vicino al boss Michele Zaza (a sua volta legato al capo della NCO Raffaele Cutolo morto di recente) in un agguato scattato nel «Miranapoli», un noto bar napoletano di via Petrarca, nel quale venne anche ferito un rappresentante delle forze dell’ordine.

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L’uccisione di Ciro Russo al Miranapoli

Due giorni fa la seconda sezione della Corte di Assise di Napoli ha assolto Eduardo Morra, Giovanni Alfano e Gaetano Bocchetti dall’accusa di avere fatto parte del commando (leggi qui l’articolo). E dire che il sostituto procuratore Henry John Woodcock, che aveva ripreso le redini della vicenda risalente a ben 42 anni fa, sulla base delle dichiarazioni rese dal boss pentito Luigi Giuliano, aveva chiesto per Bocchetti l’assoluzione, per Morra 30 anni di reclusione e 26 anni di reclusione per Alfano. Ebbene i difensori dei tre imputati (nel collegio difensivo gli esperti avvocati Paolo Gallina, Rosario Marsico, Ettore Ragozzini, Mauro Valentino) sono riusciti a dimostrare che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia si sono rivelate alquanto deficitarie tanto che nessuno dei collaboratori di giustizia (oltre a Luigi Giuliano anche i suoi fratelli) ha potuto affermare con certezza chi fossero i presenti durante l’azione di fuoco. Tante, troppe incongruenze nei loro racconti da far emergere più di un dubbio.

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