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“Ma che ha combinato!”, la reazione di Marco Di Lauro dopo aver saputo in Tv dell’omicidio di Gelsomina Verde

"Ma che ha combinato!", la reazione di Marco Di Lauro dopo aver saputo in Tv dell'omicidio di Gelsomina Verde
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Commenti sprezzanti, superficiali e vecchi refrain: “Finché si ammazzano tra di loro“. Così venne inizialmente derubricato lo scoppio della prima faida di Scampia come se fosse l’ennesimo scontro tra gangster napoletani per il controllo del narcotraffico. La maggior parte degli italiani non sapeva neanche che all’ombra delle Vele ci fosse uno dei mercati di droga più fruttuosi. Altri, invece, fingevano di non conoscere quel non-luogo.

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Il femminicidio di Gelsomina Verde ha cambiato radicalmente la percezione della pericolosità del conflitto tra i i figli del padrino Paolo Di Lauro e gli Scissionisti, poiché, dopo quell’efferato omicidio l’Italia fu costretta ad accorgersi della spietatezza della camorra di Napoli nord. L’incubo si materializzò il 22 novembre 2004 quando le immagini di un’auto bruciata, ritrovata in un viale privato situato nel rione a Secondigliano, fecero il giro di tutti i telegiornali nazionali e internazionali.

In una Fiat Seicento fu rinvenuto il corpo carbonizzato della ragazza che pagò con la vita la relazione con il boss scissionista Gennaro Notturno, infatti, i killer dei Di Lauro chiesero alla vittima innocente informazioni sul nascondiglio di ‘o sarracino. Da quel giorno Scampia e Secondigliano divennero gironi danteschi nei quali la camorra uccideva senza regole, tanto che anche gli abitanti di Napoli nord furono prigionieri di una quotidiana paura.

LA REAZIONE DEL CLAN DI LAURO

In quel momento il clan di Miezz ‘a l’Arco era guidato da Marco e Cosimo Di Lauro, subentrati al padre Paolo. Quella faida nacque proprio per la conquista del potere da parte dei figli di Ciruzzo ‘o milionario che esautorarono dalle decisioni criminali il direttorio formato dai gruppi Abete-Notturno, Abbinante, Marino e Amato-Pagano: quel sanguinario conflitto tra gli ex colonelli e i rampolli del clan passò alla storia come la Scissione.

Una raffica di omicidi e vendette trasversali vennero messi in atto dai due schieramenti a partire dal 28 ottobre 2004 quando furono uccisi Claudio Salierno e Fulvio Montanino, quest’ultimo pupillo e luogotenente di Cosimo Di Lauro. Così come la Striscia di Gaza, il territorio posto al confine tra i quartieri di Napoli e i comuni dell’area nord divenne teatro di una sanguinosa guerra che non risparmiò nemmeno i parenti e i conoscenti degli affiliati dei clan. In questo contesto prese forma l’omicidio di Gelsomina Verde, che pagò con la vita la relazione sentimentale con Notturno.

“DEVE SEMBRARE UNA RAPINA”

Il piano omicida del clan Di Lauro sarebbe stato svelato da Salvatore Tamburrino, fedelissimo e vivandiere di F4, in un verbale d’interrogatorio rilasciato nel gennaio del 2020. Secondo il racconto del collaboratore di giustizia la morte di Gelsomina avrebbe dovuto depistare gli investigatori verso la pista della rapina finita male.

«Quando si apprese della notizie del telegiornale che Gelsomina non solo era stata uccisa
ma addirittura bruciata nella macchina, Marco Di Lauro in mia presenza si mise le mani nei capelli dicendo: Che ha combinato Ugo. Poi mi mandò da Ugo perché gli dovevo dire: “Che cazzo hai combinato? Avevo pure detto di non fare casino”.  Mi recai allora nel Rione Berlingieri dove c’era sia lui con suo cugino Gino e gli dissi che Marco stava come un pazzo, per le modalità dell’omicidio e Ugo De Lucia disse che Gelsomina lo aveva fatto andare su tutte le furie perché non aveva dato alcuna informazione su Notturno». Ricordiamo che il quarto figlio di Ciruzzo ‘o milionario non è indagato nella recente inchiesta della Procura di Napoli.  

GLI SVILUPPI INVESTIGATI SULL’OMICIDIO DI GELSOMINA VERDE

Il caso di Gelsomina Verde è tornato di stretta attualità dopo le ordinanze di custodia cautelare emesse contro Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, detto ‘o vichingo. Entrambi sono stati accusati di appartenere al gruppo di fuoco dilauriano del Perrone-Berlingieri che ha partecipato all’omicidio di Mina.

Per la morte della giovane operaia sono stati condannati Pietro Esposito, oggi collaboratore di giustizia che all’epoca consegnò la ventenne ai suoi carnefici, e Ugo De Luca come capo del commando armato, ideatore e esecutore dell’agguato. Invece Cosimo Di Lauro è stato assolto dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio.

 

 

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